Nuovo "strappo" dei magistrati: disertato l'invito dei penalisti

Toghe contro le Camere penali. La colpa? Sono favorevoli alla riforma della giustizia del governo

Nuovo "strappo" dei magistrati: disertato l'invito dei penalisti
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Dopo il governo, gli avvocati. Della rabbia dei magistrati contro la riforma della giustizia a fare le spese sono adesso i penalisti, colpevoli di appoggiare troppo apertamente le modifiche costituzionali varate dalla maggioranza di centrodestra: a partire dalla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Dieci giorni fa l'Associazione nazionale magistrati aveva indetto una protesta spettacolare, con l'abbandono delle aule dove si inaugurava l'anno giudiziario appena la parola veniva data all'inviato del ministero della giustizia. Ieri a prendere una iniziativa analoga sono stati i vertici degli uffici giudiziari milanesi che hanno deciso di disertare la cerimonia inaugurale dell'anno giudiziario organizzata nel capoluogo lombardo dall'Unione delle camere penali, l'organismo che raduna i penalisti di tutta Italia. Secondo la lettera che gli alti magistrati hanno inviato, gli avvocati hanno contribuito a creare un «contesto complessivo nel quale la magistratura viene sistematicamente delegittimata e individuata come un ordine estraneo alla cultura istituzionale, quasi eversivo».

Anche se non vengono indicati esempi specifici del «contesto» di cui gli avvocati sarebbero corresponsabili, è chiaro che a non essere andata giù alle toghe è stata la linea dei penalisti sulla riforma. La reazione dell'Unione non si fa attendere: «Voltare le spalle anche agli avvocati, respingendo immotivatamente il loro invito, appare ancora una volta la dimostrazione che la magistratura ritiene di essere l'unico soggetto autorizzato a parlare di giustizia, pretendendo di continuare ad esercitare il proprio diritto di veto su tutto ciò che non le è gradito».

È una iniziativa senza precedenti, la cerimonia dei penalisti si tiene da quasi vent'anni e mai, neanche nei momenti di maggiore scontro sui temi della giustizia, i magistrati avevano deciso di rifiutare l'invito a portare il loro saluto. Certo, nelle scorse settimane da parte di numerose camere penali erano arrivate polemiche vivaci contro l'ostruzionismo delle toghe alle riforme. Che però i magistrati si fossero offesi al punto di reagire così bruscamente era imprevedibile. Anche perché quest'anno la cerimonia dei penalisti si tiene a Milano, in una città dove il dialogo tra magistrati e avvocati è sempre stato corretto.

Invece, stop. Nessuno dei firmatari della lettera, il procuratore Marcello Viola (in foto), il procuratore generale Francesca Nanni, il presidente del tribunale Fabio Roia e il presidente vicario della Corte d'appello Vincenzo Tutinelli, è sospettabile di essere una «toga rossa». Eppure anche loro sono evidentemente convinti che il clima sia tale da rendere impossibile accettare l'invito degli avvocati.

I quattro magistrati ribadiscono la loro disponibilità al dialogo: ma «la delegittimazione di una parte istituzionale, quella giudiziaria nel nostro caso, impone di manifestare con fermezza il disagio». Per la Camera penale di Milano siamo davanti a «uno strappo che la comunità dei penalisti milanesi faticherà a superare».

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