"O noi o il centrodestra". Renzi corteggia la sinistra ma Mdp lo snobba

Il segretario alla direzione del Pd: "O noi o la destra". E apre alla grande ammucchiata: "Coalizione da moderati a Pisapia. Non metto veti". Ma Mdp lo snobba: "Non è più credibile"

"O noi o il centrodestra". Renzi corteggia la sinistra ma Mdp lo snobba

"O noi o il centrodestra". Matteo Renzi apre la direzione del Pd sapendo di essere in forte difficoltà. Deve fare i conti con la batosta elettorale in Sicilia, con il crollo del Pd in qualsiasi sondaggio e, soprattutto, con le innumerevoli fratture fuori e dentro il partito. "Siamo alle porte della campagna elettorale - mette in chiaro - serve uno sforzo unitario, a partire dal sottoscritto". E apre a eventuali alleanze con Giuliano Pisapia e i bersaniani di Mdp ("Ma non ci chiedano di abiurare") e torna alla carica con lo ius soli per gli immigrati nati in Italia. Un'apertura che a sinistra non sembra suffichiente.

"Ogni tipo di mancanza di chiarezza sarebbe oggi un errore. Stiamo per affrontare la campagna elettorale. Non rendersi conto di questo significa assumersi una grande responsabilità. Lo sforzo unitario all'esterno deve essere praticato anche all'interno del Pd". Nel cheidere "uno sforzo unitario" per "parlare al Paese", Renzi porta con sé l'immagine del Paese che ha raccolto durante il viaggio in treno fatto in questi giorni. "È l'immagine di un Paese ricco di bellezza, ma anche del dolore - spiega - quando hai la posibilità di incrociare le storie con le riforme, quando capisci che a legge sull'autismo ha delle ricadute immediate ti rendi conto che la politica non è una cosa formale. E il viaggio in treno serve anche a rendersi conto di ciò che avviene al di fuori del dibattito politico". La solita retorica a cui ci ha abituati l'ex premier. Che, a differenza di quando incassava consensi oltre il 40%, oltra raccoglie contestazioni e fischi. I sondaggi parlano chiaro: negli ultimi cinque mesi il Pd ha bruciato ben cinque punti. "Ma ora - spiega - la sfida del futuro è una pagina bianca. O la scrive il Pd o il centrodestra".

Durante la direzione del Pd, Renzi svela chiaramente le proprie paure. Sa benissimo che non riuscirà a superare la soglia del 30%. Non solo. C'è addirittura il rischio che il "suo" Pd riesca a malapena a superare il 25%. Non a caso il segretario dem ha spiegato che alle elezioni politiche del 2018 punta a "essere il più numeroso gruppo parlamentare". "Con la coalizione che faremo - dice - siamo già oggi avanti agli altri". Quello che ha in mente è una coalizione che guardi sia ai moderati sia alla sinistra. Una grande accozzaglia, appunto, per cercare di acciuffare quel famoso 30%. "Non metteremo alcun paletto - assicura - anzi, sarà nostra cura allargare la coalizione il più possibile. Dobbiamo tenere un confronto aperto anche con l'ala moderata e centrista. Non devono essere risucchiati da Berlusconi". Ma quello che ha veramente in mento è di andare a recuperare i vari Pier Luigi Bersani, Pippo Civati e Nicola Fratoianni. Tutti i cespugli di sinistra, insomma. "Fermarsi alla politica dell'insulto è sbagliato - è il suo appello - noi siamo pronti a superare gli insulti che abbiamo subito".

Da Catanzaro, però, Bersani risponde subito picche. "Bisogna vedere cosa dice sul resto perché si preoccupa sempre di rivendicare quello che s'è fatto...". I presupposti per costruire un'alleanza non sono dei migliori. "C'è qualche milione di elettori che non è d'accordo... - incalza - non è Bersani o Speranza, sono gli elettori che non sono d'accordo".

L'ammonimento di Bersani è durissimo ("Renzi sappia che le chiacchiere stanno a zero, ci vogliono dei fatti"), come lo è la sfiducia che arriva dal quartier generale di Mdp ("Ormai Renzi non è più credibile e il fatto che abbia affidato a Fassino i rapporti con la sinistra, dice tutto su quanto siamo distanti...").

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