Dal mondo della scuola, un pessimo esempio per il Paese. È già accaduto in epoca pre-Covid in condizioni «normali»; figuriamoci in una situazione «eccezionale» come quella post-Coronavirus che si sta trascinando da oltre un anno e mezzo. E questo al netto dell'impegno e dell'abnegazione mostrata da una parte del corpo docente (non tutto, purtroppo) che ha consentito - tra didattica a distanza e mille altre difficoltà - di «portare a casa il risultato», cioè di chiudere l'anno scolastico e ultimare gli esami (di maturità e terza media) nonostante il contagio ci avesse messo tutti in ginocchio. Ora, forti di una campagna vaccinale a tappeto, pensavamo che studenti e insegnanti avrebbero ritrovato quell'antico feeling «in presenza» per troppo tempo sostituito da un surrogato di didattica via pc. Purtroppo non è così.
Dal periodo della vecchia ministra dell'Istruzione, Lucia Azzolina, a quello attuale di Patrizio Bianchi è stato fatto poco o nulla. Le «classi pollaio» sono rimaste, il nodo «trasporti per gli studenti» è sempre lì, le risorse rimangono insufficienti. Il tutto a fronte di competenze che per i dirigenti scolastici sono aumentate in un contesto di conflittualità ulteriormente esacerbata dalle recenti norme varate dal governo. Decisioni annunciate senza che il premier partecipasse alla conferenza stampa, dando mediaticamente la sensazione di un Draghi che non «voleva metterci la faccia». E questo la dice lunga sul travaglio di norme ad alto tasso polemico. Clamorosa infatti la misura approvata dal Cdm: «I docenti scolastici e universitari non potranno entrare in classe senza esibire il certificato verde e saranno considerati assenti ingiustificati, con sospensione dello stipendio dopo cinque giorni»; apriti cielo: i sindacati denunciano subito «lo schiaffo del governo», che in confronto lo schiaffo di Anagni pare un buffetto. A tentare di mettere pace tra i contendenti (situazione non facile, considerato che la percentuale dei prof privi di vaccinazioni e/o di green pass è del 10/15% ndr) prova Antonello Giannelli, presidente dell'Associazione nazionale presidi: «Per chi non si vaccina - ha dichiarato ieri a SkyTg24 - non ci sono sanzioni ma c'è l'obbligo di non poter più effettuare il proprio lavoro».
«È la prova - protestano i sindacati di una dittatura sanitaria tesa a umiliare la classe docente».
«Non vedo tutta questa ritrosìa tra i professori - ribatte Giannelli -. Certo, diventa difficile collocare chi non si vaccina». Ciò che poi chiede il rappresentante dei presidi per la propria categoria sono «più strumenti»: «Non si può chiedere a qualcuno di fare una cosa e non dargli gli strumenti per farlo. In particolare serve più personale in segreteria e una banca dati efficiente che consenta in tempo reale di conoscere chi sono coloro che non possiedono il green pass. Altrimenti non sarà possibile garantire questo controllo». Uno sfogo che sa di resa: «Le incombenze aumentano e sono sempre più complesse, ma a fronte di ciò disponiamo di poche risorse umane. Ci vorrebbero 8.000 assunzioni. Il controllo del green pass è di tipo amministrativo, peccato che ancora non sappiamo come verrà gestito. Il tempo passa. Ci si doveva muovere prima.
Aspettiamo il Dpcm e la circolare del ministero dell'Istruzione. Se no i controlli del green pass dovremo farli noi presidi. Da soli, magari di notte».La prima campanella si avvicina. E c'è chi teme avrà il suono di una campana a morte.
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