«Oggi non si può dire no alle spese per la difesa per partito preso». L'ex ministro alla Difesa Elisabetta Trenta non usa mezzi termini per commentare il «suo» ex premier Giuseppe Conte che, ancora oggi, si è opposto a un incremento delle spese militari. «Una difesa sottodimensionata, come quella italiana, va rafforzata. È importante definire il perché, il come e la qualità della spesa. Non è necessario per forza raggiungere il 2%».
Conte e Di Maio litigano sulle spese militari. Chi ha ragione?
«In questa fase così delicata, gli slogan servono a poco».
In un momento come quello attuale, in cui da oltre un mese la Russia sgancia bombe su un Paese dell'Europa, non trova però sbagliato opporsi alle armi?
«Sono anni che la difesa è sottodimensionata e va quindi rafforzata, insieme al lavoro, alla sanità e alla stabilità sociale. Tutti insieme sono quegli anticorpi di cui i Paesi hanno bisogno di reagire nei momenti difficili e di cui non possono fare a meno».
Nel M5s, invece, sono sorti solo distinguo...
«Mi sarei aspettata che qualcuno nel Movimento si chiedesse quali siano le necessità inderogabili per un Paese. Così non è stato».
Si parla del 2%. Condivide tale cifra?
«Non serve a nulla mettere un obiettivo tale davanti a tutti gli altri. Anche perché raggiungere il 2% oggi non ci tutelerebbe comunque dalla guerra».
E quindi?
«Bisognerebbe pensare cosa c'è dietro a certi numeri. Quando parliamo di armi, il vero problema non è la quantità della spesa, ma la qualità».
Da dove partire?
«Lo sa che abbiamo diciotto carri armati diversi? Cominciamo a razionalizzare i programmi a livello europeo. Altrimenti ha ragione chi dice che stiamo aiutando soltanto le lobby delle armi...».
Come è messa l'Italia dal punto di vista degli armamenti?
«Non siamo messi male. L'Italia ha un suo know-how specifico ma c'è anche tantissima concorrenza. Per questo l'intero comparto, che dà lavoro a molte persone, necessita di ricerca e innovazione continue. Ecco perché è importante fare investimenti mirati senza gettare risorse al vento. Questo vale ancora di più oggi viste le difficoltà economiche che sta vivendo il nostro Paese. I fondi risparmiati possono, infatti, essere stanziati altrove».
I guai di Conte non passano soltanto dalle spese militari. Certe posizioni filo-russe assunte da molti esponenti del M5s lo stanno imbarazzando parecchio.
«Quelle di Petrocelli, come quelle della Granato, sono posizioni individuali. È possibile che in un partito ci sia qualche esponente incapace di separare i contesti, ma non penso che il M5s sia pro Russia».
Ne è sicura?
«Lo spero. Essere critici, ovvero capire i motivi per cui si è arrivati a un conflitto, ci può stare, ma dopo l'attacco non possono e non devono esserci giustificazioni per Putin. Conte sa benissimo che il presidente russo ha agito al di fuori del diritto internazionale».
Eppure in passato Conte ha dimostrato di essere troppo leggero nei rapporti con il Cremlino. Non trova sbagliato l'aver aperto, a inizio pandemia, le porte del nostro Paese a un contingente russo formato più da militari che da medici?
«Ho sempre condannato quella scelta. Le azioni fatte, sebbene fossero di aiuto, sappiamo benissimo che erano tese a tessere una rete di influenza».
Anche con altri Paesi Conte ha fatto lo
stesso errore.«Sì. Si può fare lo stesso discorso per i governi cinese, cubano e venezuelano. Se accetti tutto nel momento del bisogno, non devi meravigliarti che ad un certo punto ti vengano a presentare il conto».
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