New York. Archiviati gli appuntamenti europei e il summit con Vladimir Putin, sulla scrivania di Joe Biden arriva il dossier nordcoreano. Dopo mesi in cui Kim Jong Un ha ignorato i tentativi di Washington di riavviare i negoziati sul nucleare, il leader di Pyongyang ha detto al suo Paese di prepararsi sia «al dialogo che allo scontro» con gli Usa, ma (come ha riportato l'agenzia di stato Kcna) «in particolare di essere pienamente pronti allo scontro». In occasione della riunione plenaria del Comitato centrale del partito dei lavoratori, Kim ha fornito «un'analisi dettagliata» della politica della nuova amministrazione americana verso la Corea del Nord. Parole arrivate peraltro pochi giorni prima della visita a Seul del nuovo rappresentante speciale degli Stati Uniti per Pyongyang, Sung Kim, per colloqui con i suoi omologhi sudcoreani e giapponesi. Un viaggio, spiega il dipartimento di Stato, che «sottolinea l'importanza fondamentale della cooperazione trilaterale Usa-Corea del Sud-Giappone nel lavorare verso la completa denuclearizzazione della penisola, la protezione della nostra sicurezza e prosperità, il sostegno dei valori comuni e il rafforzamento dell'ordine basato sulle regole».
Ad aprile la Casa Bianca ha completato la sua «revisione politica» su Pyongyang, e come le precedenti amministrazioni ha detto di puntare alla sua «completa denuclearizzazione», sostenendo di voler perseguire «un approccio calibrato e pratico». Tuttavia, secondo funzionari dell'amministrazione Biden, l'approccio sarà diverso dalla «pazienza strategica» scelta da Barack Obama e dal «grande accordo» su cui puntava Donald Trump, che ha incontrato Kim nel 2018 e 2019. Vertici nei quali non è però riuscito a trovare un'intesa su come smantellare l'arsenale nucleare nordcoreano e su quando allentare le sanzioni. La maggior parte degli esperti ritiene impensabile che Pyongyang rinunci al suo arsenale atomico mentre l'autoritaria dinastia Kim è ancora al potere, ma potrebbero essere possibili progressi più modesti, come una sorta di congelamento del programma nucleare. Intanto, dopo il summit con Putin a Ginevra, ora l'inquilino della Casa Bianca vuole parlare con il presidente cinese Xi Jinping «per fare il punto sulla situazione», perché «niente sostituisce il dialogo a livello di dirigenti».
Un annuncio arrivato dal consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, il quale ha lasciato intendere che un faccia a faccia è possibile al G20 previsto in ottobre in Italia. «Non abbiamo dei progetti particolari ora, ma noto che i due presidenti saranno forse al G20» ha detto, aggiungendo che «siamo determinati a fare in modo che Biden discuta nei prossimi mesi con Xi, è solo una questione di sapere quando e come». E precisando che il dialogo potrebbe anche assumere la forma di una «telefonata». Sullivan ha poi tracciato un bilancio positivo del primo viaggio del presidente all'estero, ribadendo che «Biden ha indossato con fiducia e talento l'abito del leader del mondo libero», un abito che il suo predecessore aveva «abbandonato» con la sua politica unilateralista e sovranista.
Secondo il consigliere per la sicurezza nazionale, il successo di questo tour «pone le basi per dimostrare che le democrazie possono portare dei vantaggi ai loro cittadini e a quelli del mondo intero». E il viaggio ha permesso una «convergenza» tra «le democrazie del mondo nei confronti della Cina», rafforzando le alleanze bistrattate da Trump.
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