Politica industriale, costo unico per l'energia, sviluppo del nucleare e un piano casa per rendere più attrattiva l'Italia. Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha aperto il dibattito all'evento Made In Italy - Unici al mondo auspicando che i nuovi vertici europei, a differenza della Commissione uscente, tornino a mettere la politica industriale al centro. L'Europa vale il 15% del Pil mondiale, ma pesa solo per il 7% sulle emissioni: non ha senso. «La decarbonizzazione deve essere fatta nei tempi giusti perché non ci possiamo permettere di perder competitività verso Paesi che non fanno i compiti a casa. Per questo è indispensabile che in Europa il costo dell'energia sia uguale per tutti».
Con l'ultima Commissione ci sono stati scontri su packaging e imballaggi e lo stop al motore endotermico: «Il nostro obiettivo è salvaguardare il know how di una filiera da 70mila addetti. Non possiamo permetterci di perderla, serve affermare la neutralità tecnologica». Si torna poi al tema energetico: «A maggio le nostre imprese hanno pagato 86 euro al megawattora, mentre quelle della Spagna solo 13 euro. Se all'interno della Ue c'è una disparità così ampia, addio competizione con il resto del mondo». Per quanto ci riguardia, la bussola è la competitività del Made in Italy, che per noi vale 680 miliardi. Senza ricorrere ai dazi, quindi, si potrebbe cominciare col non dare «incentivi pubblici a prodotti che non provengono dall'Italia e dall'Europa». In questo solco, Orsini ha raccontato del suo incontro di martedì con la Confindustria francese allo scopo di avviare i lavori per un mercato unico europeo dell'energia. Nel frattempo, ci sono cose che l'Italia può già fare: «Le rinnovabili saranno parte del nostro futuro. Ma abbiamo bisogno di una fonte che ci possa dare energia in modo costante come il nucleare». In Italia esistono eccellenze del settore come Newcleo, Siet e Ansaldo e altre 70 imprese specializzate che fanno manutenzione a reattori nel mondo e sperimentano sui reattori di nuova generazione. «Non si parla più di strutture enormi come una volta, ma di centrali piccole, da 350-400 megawatt, che sono sicure». Il problema è che, a causa del referendum del 1987, le nostre aziende non possono fare ricerca in Italia: «Il futuro sarà dei microreattori da 20 megawatt, su cui noi siamo all'avanguardia. Mettendo a terra i progetti oggi, saremmo pronti entro il 2031-2032». Il presidente degli industriali, poi, chiede l'energy release e il gas release (il rilascio dell'energia a prezzi calmierati).
Preoccupa anche la mancanza di forza lavoro specializzata. «Oggi il gap tra domanda e offerta di lavoro costa alle nostre industrie 38 miliardi», ha detto Orsini. «La nostra idea è mappare i territori, per capire quali sono le figure richieste e orientare la didattica». Confindustria ha svolto anche corsi di formazione all'estero, per esempio in Ghana, per portare lavoratori in Italia. C'è però un tema di attrattività: «Stiamo interloquendo col governo per un piano casa, per arrivare a offrire affitti calmierati a studenti, lavoratori e anziani riqualificando zone urbane degradate». Al governo, inoltre, il nuovo capo di Confindustria chiede di preservare «il taglio del cuneo fiscale» e di attivare gli incentivi di industria 5.0 per chi innova e taglia in consumi.
A differenza dei suoi predecessori, Orsini ha condotto la sua campagna elettorale interamente sul territorio, riuscendo a prevalere sugli altri candidati anche grazie all'ampio supporto delle pmi. Dovrà ora riuscire a conciliare, meglio di quanto sia stato fatto in passato, gli interessi di di gruppi pubblici e privati, di titolari di concessioni e no, di monopolisti della produzione energetica ed energivori.
«Confindustria dovrà saper rappresentare tutti, tenendo conto che l'associazione è composta al 94% da pmi. Quanto ai produttori di energia e agli energivori, partiremo prima dalle cose che uniscono. Poi lavoreremo sulle differenze. Resta il fatto che io sono per un nucleare basato su una rete elettrica nazionale».
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