C'è l'attualità con le fibrillazioni sui dazi. E poi ci sono i temi di fondo che fanno irruzione al Museo della Scienza di Milano: «Abbiamo 700mila persone che oggi vanno in pensione e 400mila neonati». I numeri non tornano e il presidente di Confindustria Emanuele Orsini trae una prima conclusione: «Abbiamo bisogno almeno di centomila lavoratori».
Centomila soggetti che mancano all'appello del mondo produttivo. È questo uno dei temi che il presidente di Confindustria solleva davanti alla platea di Forza Italia.
Non basta, Orsini chiede anche una visione di prospettiva: «Serve fare un piano industriale per il Paese», come suggerisce Antonio Tajani. E in cima alle priorità Orsini mette l'energia: «Quello che mi interessa è che io martedì l'energia la pagavo 142 euro al Megawattora e a gennaio dell'anno scorso 100 euro. Questo interessa agli imprenditori».
E poi c'è l'automotive che sprofonda: «Siamo tornati ai livelli del 1957». Ci sono tante criticità, ma il numero uno di Confindustria sottolinea anche i primati tricolori: «Guardiamo all'export, siamo consapevoli che la nostra industria ha esportato oltre 600 miliardi, ma per arrivare all'obiettivo di 700 miliardi indicato da Tajani bisogna fare tante cose».
E l'emergenza delle emergenze oggi è l'energia: «L'aumento dei costi è una pazzia», aggiunge Orsini riprendendo un video postato su Instagram. Il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha raccontato la corsa verso il nucleare e lui la sposa, anzi in un certo senso la sponsorizza: «Ci candidiamo a mettere le mini centrali nucleari di nuova generazione nelle nostre aziende, se avete problemi con i sindaci noi facciamo comunità energetica, perché per noi l'energia è fondamentale per tenere in piedi le aziende. Ma siamo consapevoli che ci vorranno almeno otto anni per arrivare ad avere energia nucleare disponibile».
Poi il leader degli imprenditori si concentra sulla decarbonizzazione e di nuovo allunga una stoccata in direzione Bruxelles: « L'Europa produce il 7-8 per cento delle emissioni mondiali a fronte del 15 per cento del pil». Per la precisione la quota manifatturiera del Pil Ue è passata dal 20 per cento del 1991 al 14,6 per cento del 2023. Un declino che pare inarrestabile.
«Stiamo regalando - prosegue Orsini - quote ad altri continenti a discapito del nostro e questo non possiamo più permettercelo. Non so se tanti commissari europei siano poi così convinti di mettere al centro l'industria e non piuttosto la loro ideologia.
È giusto - è la riflessione - produrre meno Co2, ma non possiamo nemmeno pensare che a fronte di altri continenti che non lo fanno, siano quelli che distruggono la propria industria».Infine i dazi: «Mi auguro che il negoziato possa dare dei frutti».
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