La triste abitudine di tanta parte dei media italiani di accettare acriticamente la lettura russa delle dichiarazioni di Volodymyr Zelensky e di prendere come oro colato senza comprenderne il senso propagandistico - le dichiarazioni di Vladimir Putin e dei suoi gerarchi continua anche in questi giorni. Così, come avevamo dovuto leggere la falsa notizia del presidente ucraino che riconosceva l'inevitabile sconfitta, passa ora come credibile la subdola dichiarazione di Putin «Vogliamo chiudere la guerra».
Purtroppo si tende a credere volentieri ciò che si desidera. E in Italia confermano i sondaggi d'opinione cresce più che in altri Paesi europei l'assurda «stanchezza» verso una guerra che sono altri a subire e l'illusione irrazionale che cedere alle pretese di Putin per fermarla ci restituirà il mondo (relativamente) tranquillo di prima dell'invasione russa dell'Ucraina. Ma non è affatto vero che Putin intenda «chiudere la guerra».
Giovedì scorso, in sedi diverse, hanno parlato sia Putin sia il suo ministro degli Esteri. Putin ha usato le parole «vogliamo chiudere la guerra», mentre Sergei Lavrov precisava che «una tregua non porterebbe da nessuna parte». Lo stesso Putin ha però detto chiaramente che nel 2025 «raggiungeremo tutti i nostri obiettivi nell'operazione speciale» e in particolare «la vittoria sul fronte»: dunque la guerra continuerà. Per «pace» Putin intende l'imposizione all'Ucraina delle sue condizioni con un falso negoziato. E quindi, annessione riconosciuta alla Russia (oltre che della Crimea incamerata illegalmente già nel 2014) delle quattro province ucraine solo in parte occupate militarmente e annesse con referendum-farsa; divieto all'Ucraina di scegliere liberamente la propria collocazione internazionale (niente Ue e niente Nato); nuove elezioni per imporre a Kiev un presidente filorusso che trasformi l'Ucraina nominalmente sovrana in una nuova e tragica Bielorussia, che sovrana da un pezzo non è più.
Non è tutto. Smentendo chi si illude che questa capitolazione in stile Cecoslovacchia 1938 soddisferebbe gli appetiti imperiali di Putin, Lavrov ha ricordato il vero obiettivo del Cremlino: l'accettazione da parte occidentale delle cosiddette «nuove condizioni di sicurezza per la Russia e per i suoi vicini». Questa etichetta rassicurante nasconde un progetto che Putin non ha mai nascosto. Basterebbe aver letto le sue dichiarazioni pre 2022 per comprenderne la pericolosità per noi europei. Si tratta, in sostanza, della pretesa di far passare la libera adesione alla Nato dei Paesi dell'Europa orientale, fino al 1989/'91 assoggettati a Mosca contro la loro volontà, come una minaccia alla sicurezza della Russia. Di far credere che un'alleanza difensiva sia stata invece allargata con intenti aggressivi nonostante presunte promesse fatte a Mikhail Gorbaciov al tempo dell'unificazione tedesca del 1990: un falso storico evidente (nessun documento prova quelle promesse), tant'è che per trent'anni la Nato non ha fatto che disarmare. L'obiettivo di Putin è il ritiro dei contingenti occidentali dal fronte Est Nato, per ricreare l'impero russo in Europa orientale, che lui chiama eufemisticamente «zona d'influenza».
Il metodo per conseguire questi obiettivi passa sempre attraverso la divisione del fronte occidentale. Dividere l'Europa dagli Usa sostenendo politici antisistema filorussi o sperabilmente tali, insinuare che quelli atlantisti in realtà strizzino l'occhio a Mosca. Tutto rivisto e risentito in questi giorni: le lodi di Putin al premier slovacco Fico per la sua offerta di mediazione «di pace», le insinuazioni su Macron che gli avrebbe offerto accordi sull'Ucraina escludendo Zelensky, quelle su una presunta volontà di Biden di impedire l'accesso di Kiev alla Nato.
Nessuna pace è in vista in Ucraina.
C'è solo l'intenzione russa di continuare un criminale genocidio, dando la colpa a Zelensky che non vuole capitolare e puntando sul ritorno di Trump per vincere grazie alla Casa Bianca. Ottocentomila vittime russe o un milione, per Putin, non fa differenza: gli interessa solo eternare il suo nome come quello di Stalin.
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