Pachistano uccide la figlia e finge un incidente Lei voleva essere libera

Secondo gli investigatori l'uomo l'ha picchiata e poi lasciata sulla strada dove è stata investita

Andrea Acquarone

Non è la prima volta e di certo, tristemente, non sarà l'ultima. Violenza, sangue, tradizioni, regole e religioni che forse risultano incompatibili. Ma questo melting pot dove ci sta portando?

Di nuovo, ormai, a raccontare l'orrore quasi come fosse ineluttabile. Quasi normale. Solo perché ci si sta assuefacendo. A 19 anni lei voleva essere più libera, affrancarsi dagli usi e costumi della sua terra d'origine, il Pakistan, ma non era così che il padre la voleva. E Azka Riaz è morta sabato, con ogni probabilità a causa delle botte del genitore, un muratore 43enne.

Gli investigatori sono convinti che l'uomo abbia poi tentato di far passare la fine della ragazza come causa di un incidente stradale: il corpo della giovane era stato trovato infatti sull'asfalto, investita da un auto a Montelupone, provincia di Macerata. Il conducente, un croato di 52 anni, però ha raccontato una storia diversa. E cioè di essersi trovato all'improvviso il corpo della ragazza di fronte, già steso sull'asfalto e di non aver potuto evitare l'impatto perché dalla corsia opposta stava sopraggiungendo un'altra macchina. Il medico legale tra l'altro aveva subito rilevato lesioni non apparentemente compatibili con un «incidente» stradale.

L'ipotesi è che Azka fosse già morta per emorragia e lasciata lì per terra, in un'assurda lotteria legata al fatto che qualcuno la investisse. E quando il corpo è stato trovato, il padre era lì, a pochi metri di distanza, nella sua auto. Ora è in carcere, a Montacuto, ad Ancona, in stato di fermo con l'accusa di omicidio preterintenzionale. Sul suo conto già da mesi i carabinieri di Recanati avevano avviato un'attività investigativa proprio per i maltrattamenti sulla giovane. E dopodomani avrebbe dovuto tenersi l'incidente probatorio in Procura a Macerata, con la Azka chiamata a testimoniare.

La determinazione di un pm, lo stesso che stava indagando sulle violenze alla vittima, coniugata con il lavoro di polizia e carabinieri, hanno determinato la svolta. Ora sarà il gip del tribunale di Macerata a convalidare o meno il fermo del pachistano, ha tempo 96 ore ma è pensabile che l'interrogatorio di garanzia avvenga prima della scadenza di questo arco di tempo. Oggi l'autopsia sul corpo della giovane, per sciogliere ogni dubbio sul decesso. Ma già i rilievi della pattuglia arrivata sul luogo dell'«incidente» raccontano le anomalie: il conducente della vettura raccontava di non aver investito una persona che procedeva a piedi ma di aver forse colpito in parte un corpo già steso. La sua vettura in effetti non presentava i segni di un investimento classico, ovvero di una persona centrata mentre camminava, nessuna traccia di impatto sul parabrezza o sul cofano. Arrivano anche i carabinieri. A distanza di pochi metri c'era invece il padre della vittima, il quale aveva sostenuto di essere uscito in auto con la figlia ma la vettura si fosse fermata per un guasto al motore.

Proseguendo probabilmente con la sua indicibile menzogna: «Azka si è incamminata, mentre io tentavo - riuscendovi poi - a far ripartire l'auto. Ho fatto un giro di prova per poi tornare indietro». E a quel punto - sostiene - di aver incrociato la figlia che però proprio nel momento in cui attraversava la strada per raggiungerlo sarebbe stata investita.

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