Nella terribile crisi economica e sociale in cui ci si trova, l'unica speranza è che si arrivi presto alla fine di questo stato di eccezione: così che le libertà fondamentali (a partire da quella di iniziativa e di movimento) siano restaurate e che il sistema economico si rimetta in moto. Per tale motivo è urgente accelerare quelle vaccinazioni che possono rappresentare una barriera fondamentale nella diffusione del virus e, di conseguenza, favorire il ritorno a quella normalità di cui c'è tanto bisogno, così da riavere un presente degno di questo nome e poter immaginare un futuro. La scarsità delle dosi a disposizione degli italiani è ben nota. Di questo passo, rischiamo di trovarci a lungo in una situazione fragilissima, tale da giustificare agli occhi di molti ulteriori blocchi delle attività produttive. Dovrebbe essere chiaro che il contesto peggiore in cui la nostra società potrebbe trovarsi tra un anno sarebbe quello che unisce una massiccia spesa pubblica (finanziata dal Recovery Fund) e una limitatissima capacità produttiva dell'economia reale. Se non ridiamo dinamismo al più presto alle forze più dinamiche, lasciandoci alle spalle le zone rosse e gli innumerevoli divieti, rischiamo di vedere il crollo definitivo della nostra economia. Per questo ha ragione chi sottolinea l'esigenza di mobilitare anche le imprese farmaceutiche italiane nella produzione delle dosi vaccinali che tuttora mancano. È probabile che i tempi di produzione siano lunghi, ma se non si inizia adesso il rischio è che si perdano altri mesi preziosi. Domani il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, incontrerà il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, proprio per valutare assieme una diversa presenza dell'industria italiana in questo settore. Muoversi ora significa, quanto meno, essere pronti per quando bisognerà ripetere la profilassi. Al momento attuale non si sa molto su come si svilupperà questo rapporto tra Stato e aziende private, tra il governo e le imprese farmaceutiche. In particolare, non è chiaro quanto i contribuenti pagheranno e per avere cosa. Ovviamente, c'è bisogno di agire alla svelta e alla luce del sole, seguendo quelle regole di correttezza che a quanto è dato di capire non sempre sono state adottate durante la gestione della pandemia da parte del governo Conte.
E se un liberale non guarda mai con favore all'intreccio tra politica ed economia (così che sono legittime talune perplessità di fronte a simili iniziative), bisogna comunque riconoscere che nel mondo in cui viviamo il contrasto alla pandemia pubblica è ormai una competenza di Stato e se non si interviene al più presto le attuali limitazione delle libere attività private continueranno a gravare sull'intero sistema produttivo a tempo indeterminato. Se nei mesi scorsi lo Stato ha bloccato tutto (non sempre sulla base di valutazioni ben ponderate), ora è sensato che faccia il possibile, e alla svelta, per farci uscire da questo incubo.
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