
L'Europa si sveglia sull'immigrazione e prova a correre ai ripari dopo un decennio di ingressi indiscriminati, diritti d'asilo a pioggia e clandestini da espellere a spasso per il Vecchio Continente, con gravi rischi per la sicurezza nazionale ed europea.
Nella lettera al Consiglio europeo di giovedì il presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen punta tutto sulla stretta sui rimpatri, anche attraverso dei Cpr extra Ue a ridosso delle frontiere europee, colonna portante del nuovo Patto sulla migrazione e l'asilo che dovrebbe entrare in vigore nel 2026 ma che potrebbe anche essere anticipato. Parliamo di Paesi terzi come quelli del blocco ex Jugoslavia in procinto di entrare, vedi Bosnia, Serbia e Montenegro del Nord, che presto potrebbero ospitare dei Cpr o return hubs in cui recludere, in vista del rimpatrio, migranti con scarse chance di vedersi riconoscere il diritto d'asilo perché provenienti da Paesi sicuri. «La nostra intenzione è presentare una proposta per una prima lista Ue nelle prossime settimane», ricorda. Il commissario agli Affari Interni e alla Migrazione Magnus Brunner sul tema è stato chiaro: servono norme semplici e chiare - in sintesi un «ordine di rimpatrio europeo» valido in tutta l'Unione - per impedire la fuga e circolazione nella Ue di clandestini senza diritto di soggiorno, su cui pende un decreto d'espulsione, perché sono una minaccia alla sicurezza europea. Oggi chi è cacciato dall'Italia scappare in Germania. Dal 2026 non più. Se ne è parlato anche nell'incontro tra i ministri dell'Interno italiano e irlandese Matteo Piantedosi e Jim O'Callaghan. «Più rimpatri dagli hun europei in Stati terzi? Sì a soluzioni innovative».
«Siamo lavorando a proposte per accelerare aspetti mirati, inclusa la designazione di Paesi di origine sicuri con eccezioni», sottolinea infatti la von der Leyen. L'elenco europeo che qualifica come «sicuro» un Paese determina la procedure accelerata per l'esame della domanda e, in caso di rigetto, la possibilità di essere allontanato anche se fa ricorso. La procedura comunitaria di espulsione dovrebbe essere a prova di «giurisprudenza creativa» come quella che ha disinnescato finora (con tre distinte sentenze) il protocollo Albania, dove negli hotspot di Schengjin e Gjader l'Italia manda i migranti maschi, maggiorenni e in buona salute provenienti dai 19 Paesi considerati «sicuri» e salvati in acque internazionali dalle nostre navi militari per esaminare, sotto giurisdizione italiana, le loro domande. Si tratta di Paesi come Tunisia, Egitto, Nigeria, Costa d'Avorio, Colombia e Bangladesh, da cui provengono la maggior parte dei clandestini dal Mediterraneo. I giudici italiani non hanno condiviso l'elenco deciso nel decreto Flussi con sentenze fotocopia erga omnes, non calate sul singolo richiedente asilo la cui domanda è stata respinta, vanificando così di fatto la strategia di contrasto all'immigrazione clandestina, come ha già sottolineato la Cassazione. Per i giudici delle sezioni Immigrazione e per le Corti d'Appello, questi clandestini senza diritto d'asilo non possono essere rispediti a casa perché questo violerebbe i loro diritti. La Ue vuole invece allontanare chi «opporre resistenza, fugge o vanifica in altro modo gli sforzi di rimpatrio»
Secondo i nostri giudici la Corte di Giustizia Ue lo scorso 4 ottobre in una sentenza avrebbe stabilito che in un Paese sicuro non ci devono essere eccezioni, né territoriali né di alcune categorie, come le persone Lgbtq+, ai sensi dell'articolo 9 della direttiva 2011/95/Ue e dell'Allegato I alla direttiva 2013/32/Ue. Ma è questa l'interpretazione più genuina? La normativa appare superata, prima dell'estate la stessa Corte Ue, invocata dall'Italia e da alcuni giudici italiani, potrebbe darci ragione. Anche il Protocollo Albania potrebbe subire delle modifiche, trasformandosi da hotspot per l'analisi delle richieste d'asilo a Cpr per espellere chi non ha diritto a stare in Europa, senza mai neanche metterci piede.
Ma prima servirà un decreto su cui lavorano i tecnici del Viminale. In arrivo anche la «digitalizzazione della gestione dei casi di rimpatrio per la fine dell'anno», con l'agenzia Frontex che potrebbe gestire le operazioni di rimpatrio «direttamente con i Paesi terzi».
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