«Secondo la mia visione a Roma doveva arrivare un procuratore che non provenisse dall'esperienza professionale romana. Io e Davigo già da marzo pensavamo che Marcello Viola fosse la persona più adatta». A parlare, interrogato il 3 novembre dai difensori di Luca Palamara, è Sebastiano Ardita: all'epoca dei fatti braccio destro di Davigo nella guida di Autonomia e Indipendenza, la corrente fondata dall'ex pm.
È un verbale che racconta bene quanto e perché Davigo fosse deciso a portare Viola alla Procura di Roma. Ma non spiega perché, dopo l'esplosione del caso Palamara, Davigo fece retromarcia, abbandonò Viola e votò Michele Prestipino: ovvero l'unico candidato che lavorava già a Roma, esattamente il contrario del criterio che aveva portato a votare Viola.
Ora che il Tar del Lazio ha annullato la nomina di Prestipino e ha ordinato al Consiglio superiore della magistratura di rifare tutto, la ricostruzione del dietrofront di Davigo sarebbe interessante per capire le dinamiche che hanno attraversato la lotta tra le correnti del Csm intorno alla scelta del procuratore di Roma. Ed è una ricostruzione che inciderà anche sulla sorte di Palamara, che per le manovre intorno a quella nomina è stato radiato dalla magistratura, ma che si prepara a ricorrere in Cassazione per riottenere la toga. Se tutti tramavano intorno a Roma, dirà Palamara, perché devo andarci di mezzo solo io? Oltretutto la sentenza del Tar del Lazio dice che il candidato sostenuto da Palamara e da Davigo (ma anche dal Pd e persino dal Quirinale), ovvero Viola, aveva tutti i numeri per aspirare alla carica.
A questo si riferisce Palamara, quando l'altro ieri invita Davigo a spiegare «ai magistrati e agli italiani» il perché della retromarcia. «Mi chiedo ancora oggi se fu una sua autonoma scelta», dice Palamara. In attesa della risposta di Davigo, qualche lume può venire dai verbali della quinta commissione del Csm. A maggio del 2019, Viola prende i voti di Davigo, del togato di destra Lepre e dei consiglieri grillino e leghista, Gigliotti e Basile. La sinistra vota il procuratore di Palermo Lo Voi, mentre Unicost, la corrente di Palamara, vota il procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo. Il mese dopo, esplode il caso Palamara. Viola non c'entra niente, non è indagato, il suo numero di telefono non compare nelle chat, Palamara non lo ha votato. Ma l'occasione per farlo fuori è troppo ghiotta. Davigo, si dice anche su pressione di Area, la corrente di sinistra, lo scarica.
Ma le sorprese non sono finite. Francesco Lo Voi, che pochi mesi prima era il candidato della sinistra, viene bruscamente abbandonato.
In commissione il consigliere di Area si astiene, in plenum la sinistra converge a sorpresa sull'outsider Prestipino che diventa procuratore. Cosa è accaduto nel frattempo? Che anche contro Lo Voi sono entrati in funzione quelli che Palamara chiama i «cecchini», gli spargitori di veleni contro i candidati troppo forti. Un bel mondo.
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