Acque agitate nel governo che, nel corso del Consiglio dei ministri di ieri, ha dovuto fare i conti con la prima vera frattura. Gli esponenti della Lega hanno deciso di astenersi sul decreto Covid, denunciando poco coraggio nelle riaperture e mancanza di fiducia nei confronti degli italiani. La posizione di Matteo Salvini era stata chiarissima fin dal primo pomeriggio: "Non mi va di votare cose di cui non sono convinto. Non me lo ha mica prescritto il dottore che devo votare per forza cose di cui non sono convinto". E così è stato: il Carroccio si è astenuto perché il coprifuoco non è stato spostato alle 23 e non è stato concesso il via libera ad alcune attività economiche (come i ristoranti al chiuso). Il fatto ha inevitabilmente provocato un forte subbuglio all'interno del governo.
I timori di Palazzo Chigi
Lo scossone assestato da Salvini all'esecutivo ha lascito tutt'altro che indifferente Palazzo Chigi. Il niet al decreto partorito ieri sera risulta inspiegabile soprattutto al premier Mario Draghi, che alla sfida del leghista ha opposto la linea della fermezza non concedendo alcuna deroga sul divieto di circolazione che resta dunque dalle 22 alle 5. Secondo il presidente del Consiglio, la mossa del Carroccio - che sulla riapertura del Paese ha fatto un vero e proprio cavallo di battaglia - potrebbe avere riflessi nell'azione futura dell'esecutivo. Da qui la forte preoccupazione per ciò che potrebbe accadere nelle prossime settimane. "È un precedente grave - sussurrano a Palazzo Chigi - prendiamo atto, è molto grave". Soprattutto perché, come fa notare Repubblica in un retroscena, era stata raggiunta un'intesa unanime e così il metodo rischia di diventare inaccettabile: "Abbiamo già fatto tanto, ci siamo assunti una responsabilità con queste misure. Se tocchiamo l'impianto, non troviamo più un punto di equilibrio. Si porta in Consiglio questo testo, senza modifiche".
A Palazzo Chigi si respira un'aria strana. Gli interrogativi sono molti: qual è il vero obiettivo di Salvini? Vuole fare la voce grossa per inseguire Giorgia Meloni oppure si sta preparando per sganciarsi dal governo? In tal caso, quello andato in scena ieri sera sarebbe solamente il primo atto di una serie di azioni che vedrebbe la Lega abbandonare la maggioranza.
Il nodo Speranza
La linea della fermezza del premier ha sorpreso la Lega: "Gli accordi si rispettano". In realtà ci sarebbero i presupposti per definirla una pre-crisi di governo, ma i toni distensivi usati da Salvini in serata non lasciano presagire ulteriori strappi da parte del Carroccio. In un'intervista rilasciata a ilGiornale in edicola oggi, infatti, è arrivata la rassicurazione: "No, garantisco che non lascerò il governo". Si guarda con fiducia agli inizi di maggio: tra 15 giorni, se ci saranno nuove aperture, la Lega voterà "un altro provvedimento favorevole a chi oggi è penalizzato". Anche perché bisognerà invertire la rotta: "Questa volta ha prevalso la linea della sinistra, dei 5 Stelle, di Speranza. C'è una realtà politica che considera i ristoratori, i baristi e i commercianti evasori".
Si guarda con timore anche alle tre mozioni di sfiducia a Roberto Speranza calendarizzate per mercoledì, per cui il leghista Massimiliano Romeo aveva assicurato: "Non metteremo in difficoltà il governo". Tuttavia, come fa notare Adalberto Signore su ilGiornale in edicola oggi, la linea da ieri sera sembra essersi spostata sull'astensione. E dunque le garanzie non sono poi così tanto granitiche.
L'avvertimento lanciato al ministro della Salute resta sempre lo stesso: "Deve modificare la propria linea". Votare contro un alleato di governo allontanerebbe la Lega dalla maggioranza, ma anche l'astensione potrebbe provocare danni irreparabili per la salute dell'esecutivo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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