Ma è il panico l'epidemia più letale

Ma è il panico l'epidemia più letale

Più che di una generica psicosi Coronavirus bisognerebbe parlare di «paranoia Coronavirus». La minaccia non è percepita come un vissuto soggettivo, un'ipotesi e un timore da verificare ma come un dato di realtà certo e sicuro. Si tratta di un disturbo del pensiero a tema persecutorio: la malattia arriverà e sarà mortale, anche se i dati degli esperti dicono che il tasso di mortalità è poco più alto di quello della comune influenza, grave se a contrarla sono anziani o persone defedate. Arriva dal mercato del pesce di Wuhan o da un laboratorio militare che costruisce virus per future guerre e distruzioni? Potrebbe essere un complotto? É comunque spaventoso, sconosciuto e non esiste ancora il vaccino in grado di contenerlo. Si propaga velocemente alimentando le incertezze sulla sicurezza dei luoghi in cui si vive. Freud lo avrebbe definito il «perturbante». Terrifico, sconosciuto ed estraneo ma che si connette con qualcosa di familiare e angoscioso che avevamo a fatica rimosso, la paura della pandemia e della morte. Come successe per la Sars: si dice che i cinesi abbiano tenuto nascosta la vera entità del pericolo celando i numeri della diffusione e della mortalità fomentando così le congetture e la paura che suscita un segreto. In rete circolano video inquietanti che mostrano mercati cinesi in cui cani e pipistrelli sono tenuti in gabbia vivi e morti per diventare cibo cucinato li per li, nell'indifferenza della gente che passeggia con tranquillità nonostante il contagio ormai impossibile da evitare.

Immagini che suscitano disgusto e paura modificando la realtà alla luce della sospettosità. L'estraneo è l'asiatico che diventa l'untore da evitare come una peste che si avvicina. Le farmacie hanno esaurito le mascherine che i paranoici indossano convinti che sia la salvezza a portato di mano. La paranoia colpisce gli individui che hanno vissuto forti difficoltà emotive, in grado di trasformare il mondo in un ambiente ostile e pericoloso. Le persone che ne soffrono si isolano dagli altri per paura e nell'isolamento perdono la loro autostima, la convinzione di potercela fare, di ricevere aiuto e non ferite o umiliazione. Se la paranoia diventa collettiva è un segnale sociale da non sottovalutare. La popolazione in un delirio comune si convince che il governo della nazione non abbia la capacità di difenderli dal male e dalla morte progettata da un presunto nemico con cui ha ordito un complotto al fine di sterminarlo senza pietà.

Un segnale forte di sfiducia e incertezza sul futuro e sulla sopravvivenza che nasconde la mancanza di stima in chi dovrebbe essere da guida e invece è percepito come un prestigiatore che illude, inganna e non si interessa del bene comune.

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