Un monito durissimo, un Papa che ha voluto «battere il pugno» per dire basta alle persecuzioni contro i cristiani «che il mondo cerca di nascondere». Francesco ha lanciato il suo grido di dolore ieri mattina, al termine dell'Angelus della domenica, dopo aver ricevuto notizie dal Pakistan, dove due attacchi terroristici da parte dei talebani contro due chiese hanno causato almeno 15 morti e 78 feriti. Il Papa ha parlato a braccio, col cuore, questo suo intervento non era previsto: «Con dolore, con molto dolore», ha detto Francesco, «ho appreso degli attentati terroristici a Lahore, in Pakistan contro due chiese. I cristiani sono perseguitati», ha continuato il Pontefice, «i nostri fratelli versano il sangue soltanto perché sono cristiani. Mentre assicuro la mia preghiera per le vittime e per le loro famiglie, chiedo al Signore il dono della pace e della concordia per quel Paese. Che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace».
Un messaggio chiaro, preciso, rivolto soprattutto verso coloro che, come dice Bergoglio, minimizzano o tentano di far passare in secondo piano questo drammatico tema rispetto ad altre questioni considerate più importanti. Un attacco del Papa contro chi preferisce «nascondere» le persecuzioni dei cristiani per dar voce o spazio a quei fondamentalisti che incitano alla violenza. Non a caso, anche se in Pakistan non si è trattato di un attacco organizzato dai jihadisti dell'Isis, il Vaticano proprio nei giorni scorsi, tramite Monsignor Silvano Maria Tomasi, rappresentante della Santa Sede all'Onu di Ginevra, ha chiesto ancora una volta un intervento chiaro per mettere fine al «genocidio». L'arcivescovo intervistato da una rivista cattolica americana ha ribadito: «Quello dell'Isis è un vero e proprio genocidio. A questo punto serve una protezione più coordinata, che preveda l'uso della forza per fermare le mani dell'aggressore». Parole che ricordano in parte quelle pronunciate proprio da Papa Francesco poco tempo fa: «È lecito fermare un aggressore ingiusto. Sottolineo il verbo fermare - aveva detto Bergoglio - Alle Nazioni Unite si deve discutere e dire: È un aggressore ingiusto? Sembra di sì. Come lo fermiamo?».
Un tema quello delle persecuzioni contro i cristiani che sta particolarmente a cuore a Papa Francesco; un appello dietro l'altro: ne aveva parlato, ad esempio, il 12 novembre scorso durante l'udienza generale del mercoledì: «Sento il bisogno di esprimere la mia profonda vicinanza spirituale alle comunità cristiane duramente colpite da un'assurda violenza che non accenna a fermarsi, mentre incoraggiò i pastori e i fedeli tutti ad essere forti e saldi nella speranza».
Un ennesimo appello era arrivato poi lo scorso dicembre, quando il Pontefice aveva addirittura realizzato un videomessaggio, affidato al cardinale francese Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione che aveva visitato il campo profughi di Erbil, in Iraq. «In qualità di capi religiosi - aveva detto il Papa nel video - abbiamo l'obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani. Preghiamo per tutti i cristiani», aveva aggiunto Francesco, «perché la loro resistenza è martirio, è rugiada che feconda. Chi è al servizio del nome di Dio deve condannare chi uccide degli esseri umani».
Non solo appelli ai fedeli, Francesco aveva voluto affidare anche ai social network un invito a tutto il mondo digitale contro le persecuzioni dei cristiani; un cinguettio del Papa
lanciato su Twitter il 26 dicembre scorso, festa di Santo Stefano, il primo martire della Chiesa cattolica: «Oggi preghiamo - aveva scritto Bergoglio - per tutti coloro che sono perseguitati a causa della fede cristiana».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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