Pericolo scampato. Il 17 dicembre è spuntato all'improvviso un nuovo ostacolo sulla strada del Monte dei Paschi verso il salvataggio di mercato. Lo ha alzato Quaestio ovvero l'Sgr che è a capo del fondo Atlante, incaricato di smaltire le sofferenze non solo di Mps. È però bastato minacciare di far saltare l'intero piano che l'ostacolo, ieri sera, è stato superato.
Ma procediamo con ordine, riavvolgendo il nastro dell'ennesima giornata di tensione per il destino dell'istituto senese. Sabato scorso - ma lo si è scoperto solo ieri - la società guidata da Alessandro Penati ha manifestato «forti perplessità e tematiche» sulle garanzie chieste dal colosso americano Jp Morgan per il prestito ponte da 4,7 miliardi che dovrebbe consentire i tempi tecnici per dotare di garanzia pubblica - la cosiddetta Gacs - la tranche senior dei crediti deteriorati. Per questo, scrive la banca senese in una nota diffusa appunto ieri al termine di un breve cda riunito in mattinata, «sono in corso con Quaestio approfondimenti al fine di individuare eventuali soluzioni alternative». Secondo lo schema presentato al mercato nelle scorse settimane, la cartolarizzazione delle sofferenze di Rocca Salimbeni è un presupposto indispensabile per l'operazione messa in piedi dall'ad Marco Morelli e basata su altre due gambe. Ovvero la conversione dei bond subordinati, allargata ai piccoli investitori, (terminerà domani pomeriggio) e l'aumento di capitale di 5 miliardi partito ieri e destinato a concludersi giovedì 22. La forchetta di prezzo già annunciata della ricapitalizzazione va da un minimo di 1 a un massimo di 24,9 euro ma il prezzo di collocamento verrà fissato solo dopo la chiusura ovvero dopo aver calcolato come è andata la conversione dei subordinati. Il problema è che se Atlante e Jp Morgan non troveranno un accordo, l'intero piano «non potrebbe concludersi in conformità ai termini e alle condizioni dell'autorizzazione ricevuta dalla Bce». Ovvero la soluzione di mercato, da chiudere come chiede Francoforte entro il 31 dicembre, salterebbe.
Quali sono i motivi dello scontro fra Atlante - pronto a mettere sul piatto 1,6 miliardi - e la banca d'affari americana (che insieme a Mediobanca è anche advisor di Rocca Salimbeni)? L'intesa sul finanziamento che assisterà l'acquisto della cosiddetta «tranche senior» dei crediti deteriorati sarebbe stato raggiunto alla fine della scorsa settimana a condizioni differenti da quelle attese. E con un condizioni capestro inaccettabili per il fondo. Sullo scontro è intervenuto nel pomeriggio Carlo Messina, ad di Intesa che è uno dei più importanti finanziatori di Atlante (ha contribuito per oltre un miliardo), assicurando che il fondo deciderà entro oggi. «Io parlo per la mia quota, che non è di maggioranza, ma importante. Atlante è nato con un obiettivo molto chiaro e deve portarlo a compimento», ha concluso il banchiere. Infatti, poco prima delle 21 di ieri, ecco l'accordo: il cda di Questio, «in seguito all'ottenimento di alcune condizioni mitiganti il rischio rifinanziamento» del prestito ponte e «visto il parere positivo espresso dal comitato investitori del fondo Atlante II», ha dato il via libera all'operazione sugli npl.
Nel frattempo, però, a Piazza Affari il titolo Mps ha lasciato sul terreno l'11%
zavorrando il listino milanese che ha chiuso giù dello 0,24 per cento. Forti cali anche per Unicredit (-4,5%), Bper (-3,8%), Bpm (-2,6%), Banco Popolare (-2,7%) e Ubi(-1,8%). In gran spolvero, invece, Carige: +7,6 per cento.
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