Alla vigilia della presentazione ufficiale del “Partito anti-islamizzazione” (Pai), in agenda domani a Milano, il cofondatore Alessandro Meluzzi, psichiatra e prete ortodosso, svela a Il Giornale.it obiettivi e sfide che attendono il movimento. Antagonista dichiarato del “Partito islamico” di Hamza Davide Piccardo, volto dell’Islam italiano nel piccolo schermo. L’argine al dilagare del fondamentalismo nei nostri quartieri? Per Meluzzi “passa anche dal prosciutto”.
Quali sono gli obiettivi del Pai?
Una diffusa informazione sul futuro che ci attende, dal dato culturale a quello demografico. Vorremmo che l’Islam, se è la “grande religione di pace” di cui parla l’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, fosse in grado di riaffermare la supremazia della Costituzione sul Corano.
Poi c’è il dato demografico…
Senza ulteriori flussi migratori, cosa di per sé inverosimile considerati i continui sbarchi, nel 2040 l’Italia avrà tra i 18 ed i 20 milioni di musulmani. Pensa che, allora, sarebbe ancora possibile esporre il prosciutto in salumeria? Già ci hanno tolto il presepe, il crocifisso e la mortadella alla mensa dell’asilo.
Perché un partito che è “anti”?
Innanzitutto è un movimento, pronto a trasformarsi in un partito qualora gli schieramenti politici non siano all’altezza di tenere alta la bandiera della resistenza all’islamizzazione. Perché questa è la grande sfida di oggi.
Il futuro partito dove pensa di andare a pescare i voti?
Tra coloro che sono schifati dalla gestione paramafiosa del flusso migratorio. Il nostro bacino elettorale è quello del 50 per cento degli italiani che non hanno votato e di quelli che non sono proni al buonismo del gesuita Bergoglio.
Che differenza c’è tra voi e Matteo Salvini o Giorgia Meloni?
Dal punto di vista dei contenuti nessuna, entrambi sono coerenti con la nostra linea. Se si manterranno fermi su questo punto avranno il nostro appoggio.
Sarà un partito laico?
Certo, i partiti non possono che esser tali. La Repubblica italiana è figlia dell’illuminismo e, dalla legge delle Guarentigie fino ai Concordati, è ben marcata la separazione tra Stato e Chiesa.
Perché, in Italia, è indispensabile un movimento simile?
Le faccio un esempio, il movimento gender riguarda il 10-12 per cento della popolazione italiana ed ha creato una mobilitazione enorme. Anche la maggioranza degli italiani, preoccupata per l’islamizzazione del Paese, dovrebbe iniziare ad organizzarsi. E deve farlo prima che sia troppo tardi. Ho visto il destino dei miei fratelli assiro-caldei e quello che è capitato in Egitto, Iraq e Siria, dove i cristiani sono una minoranza. Solo Bergoglio pensa di risolvere la questione in questi Paesi, dove c’è stato un vero e proprio genocidio di cristiani, a tarallucci e vino, bevanda che i musulmani, tra l’altro, non gradiscono nemmeno.
Il tema centrale è il rapporto tra Stato e Islam. Come pensa di sciogliere questo nodo?
Il nodo non è scioglibile se non con un cambiamento radicale dell’Islam di cui non si vedono segni, speranze e futuro. L’Islam non è emendabile, è un colossale sistema giuridico che non prevede la laicità dello Stato. Lei guardi i 53 Paesi islamici sulla carta geografica, c’è uno stato laico? Guardi Assad, Nasser, Saddam, Gheddafi. Guardi che fine hanno fatto tutti quelli che, come i partiti Bath, avevano creato una forza autonoma dello Stato. Non oso pensare cosa potrebbe succedere nei nostri sistemi giuridici.
Cosa mi dice, invece, del Partito islamico di Piccardo?
Si tratta di una minaccia. Perché gli islamici attraverso il numero ci stanno colonizzando e grazie alle nostre leggi ci conquisteranno. Se l’islamico vota islamico non ci sarà alcuna dialettica democratica e si arriverà al massimo dell’integralismo politico. Non possiamo accettare chi cerca di guadagnare dallo Ius Soli 800mila elettori “gratis” più i vari ricongiungimenti familiari.
Si è esposto molto.
Non ha paura?Lo spadaccino Cyrano de Bergerac diceva che “un uomo dopo i sessant’anni può decidere se morire nel proprio sangue o nella propria urina”. Con questo non voglio fare l’eroe, ma io nella vita ho sempre detto quel che pensavo. E poi, da vescovo ortodosso, credo nella vita eterna.
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