Un pasticcio che ci toglie sovranità

Un simile confuso obbrobrio era difficile da immaginare

Un pasticcio che ci toglie sovranità

Un simile confuso obbrobrio era difficile da immaginare. La bozza di riforma del Trattato di Dublino presentata alla Commissione Ue dal Commissario agli Interni Ylva Johannson sembra l'affrettata riscrittura del vecchio famigerato trattato. Con l'aggiunta di anomalie, distorsioni e complicazioni che solo la mente perversa dell'eurobucrazia poteva partorire. Il «vulnus» più evidente è la mancata abolizione della norma che impone ai paesi di primo arrivo, come Italia, Grecia, e Spagna di tenersi i migranti irregolari, ovvero la stragrande maggioranza di quelli che sbarcano. Una settimana fa la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen disse di auspicare la riforma per impedire il ripetersi di vergogne come l'incendio del campo di Moria. Lì oltre ventimila persone erano state accalcate come bestie in un accampamento dove mancavano latrine, acqua corrente ed elettricità, ma prosperavano violenze, abusi sessuali e sfruttamento. C'è da chiedersi se gli autori della bozza abbiano compreso che all'origine di quell'indecenza , simile alle tante generate anche in Italia dell'accoglienza senza limiti, vi sia una norma europea che non consente la redistribuzione obbligatoria, non indica procedure certe per i rimpatri e non prevede blocchi alle frontiere se i migranti diventano armi di ricatto nelle mani di paesi come la Turchia. Ora aspettarsi che l'Unione comprenda la necessità di attuare anche i respingimenti se i migranti diventano strumenti di pressione politica è pretendere troppo. Ma delle clausole sulla redistribuzione obbligatoria e delle proposte chiare per ottenere rimpatri più celeri erano il minimo sindacale. Eppure nella bozza non se ne trova traccia. Se mai verrà adottata i migranti irregolari, l'80 per cento del totale, continueranno a restare sul groppone di Italia, Grecia e Spagna. E la trattativa per il loro rimpatrio non verrà condotta né dall'Unione, né dal paese di arrivo, bensì da altri paesi europei obbligati a conseguire il risultato entro otto mesi pena il trasferimento degli irregolari sui loro territori. Una condizione che nessuno dei 27 è pronto ad accettare. E che potrà venir tranquillamente ignorata mancando, nella bozza, qualsiasi ipotesi di sanzione per chi la disattende. In questa confusa sciarada, figlia della peggior euroburocrazia, il tocco da maestro è la creazione del Coordinatore Europeo dei Rimpatri, un grande controllore privo di qualsiasi potere reale a cui la bozza non conferisce strumenti di coercizione capaci di garantire il rientro dei migranti ai paesi d'origine.

E a rendere il tutto più inaccettabile s'aggiungono le norme che prevedono di affidare ad ispettori europei l'identificazione dei migranti e gli interrogatori per la concessione dell'asilo. Una pericolosa sottrazione di sovranità che permetterà a Bruxelles di decidere quali sono gli irregolari destinati a restar per sempre in Italia e quali quelli integrabili grazie alle norme sull'asilo.

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