E no che non ci siamo dimenticati del Pnrr, giura la premier, come potevamo? Del resto, chi può fare a meno di quei fondi per la ripresa? Il Piano non è nella Finanziaria, verrà inserito in un decreto, ma «questo tema sta comunque al primo posto dell'agenda di governo», anche perché, «come dice il presidente Mattarella, è un appuntamento che l'Italia non può fallire».
Ma è lo stesso Pnrr di Mario Draghi? O lo cambierete? Qualcosa, annuncia Giorgia, si potrà modificare, se a Bruxelles saranno d'accordo. «Dobbiamo verificare con la Ue le misure più idonee per aggiornarlo». Qualcosa però va registrata subito qui, a casa, e riguarda gli appalti. Burocrazia lumaca, «paura della firma», cantieri che rischiano di non decollare, 40 miliardi europei che possono evaporare. «Servono norme certe sull'abuso d'ufficio - spiega all'assemblea dell'Anci - o la nazione si inchioda».
Insomma, è «arrivato il momento di affrontare la questione della responsabilità dei sindaci», sostiene Giorgia assecondando le pressioni di ampi settori della sua maggioranza. Oggi troppi braccini corti, troppi enti, poteri intermedi, pareri, vincoli vari che frenano il via libera alle opere che l'Unione ci chiede, che ostacolano il grande patto con l'Europa, soldi in cambio di lavori e riforme. «Siamo nella fase in cui dobbiamo affrontare concretamente l'avvio dei cantieri, perciò e necessario accelerare l'iter di approvazione dei progetti». È proprio qui che come al solito «emergono le criticità di un sistema rigido di regole complesse e incerte». Il Pnrr è una «straordinaria occasione per modernizzare il Paese e non vogliamo che le risorse restino sulla carta». L'idea è di cambiare certi meccanismi dei fondi di coesione «per mettere i comuni in grado di gestire alcuni servizi».
Serve «un impegno di squadra». Il Pnrr assegna infatti 40 miliardi ai comuni per programmi di rigenerazione urbana, scuole, asili, infrastrutture sociali. «Il governo ha subito attivato la cabina di regia, emerge la necessità di maggiore coordinamento». Grande spazio quindi ai sindaci, «che nei rapporti con i cittadini hanno salvato la faccia alle istituzioni e hanno bisogno di uno Stato loro alleato».
Se poi questi sindaci hanno paura di finire in galera, ecco che la macchina si inceppa. E dunque per la premier «si devono definire meglio le norme penali per gli amministratori pubblici, a partire dall'abuso di ufficio, leggi che hanno un perimetro talmente elastico da dare spazio a interpretazioni discrezionali». Palazzo Chigi, assicura, non vuole «regalare immunità», tuttavia sarebbe il caso di mettere i sindaci in condizioni di agire con serenità, senza temere le manette ad ogni timbro. Oggi nel «passaggio tra assegnazione e utilizzazione» si perde tempo, quando invece «dobbiamo correre».
Anche sulla manovra, dice la Meloni, «stiamo andando al massimo della velocità» ma con il freno tirato. Già i soldi in cassa sono pochi, poi ci si mette pure il caro bollette a succhiare gran parte degli euro disponibili. «Abbiamo sulla testa la spada di Damocle dell'energia che drena le risorse.
Gli interventi per calmierare ci costano cinque miliardi al mese».Avanti così e a marzo saremo da capo a dodici. Si spera che Bruxelles cambi rotta sul tetto al prezzo del gas. «Se non interverrà la Commissione, sarà difficile fare fronte ancora».
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