Quel rebus di numeri e veti che tormenta Mattarella

Il Quirinale avvia le consultazioni con un approccio di diffidenza verso gli interlocutori. Per questo chiede numeri solidi a supporto di un'eventuale maggioranza

Quel rebus di numeri e veti che tormenta Mattarella

È l’ultimo atto importante del suo settennato. La decisione che, nel bene o nel male, segnerà i suoi anni al Quirinale. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si approccia alle prossime consultazioni con tutta la cautela che ha caratterizzato il suo mandato. Chi ha sondato gli umori del Colle, riferisce che avrebbe evitato volentieri questo passaggio così delicato: in piena pandemia, e con il Recovery plan da impiegare per il rilancio del Paese, avrebbe preferito vedere all’opera quei "costruttori" invocati nel discorso di fine anno. Un appello stritolato dagli scontri tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi. Perciò il Capo dello Stato attende le prossime ore con una prudenza che rasenta la diffidenza verso i suoi interlocutori, in particolare nei confronti delle forze che hanno composto la maggioranza a supporto del Conte 2.

Dal leader di Italia viva al Movimento 5 Stelle, sostanzialmente acefalo, è difficile avere una piena fiducia. Non è un mistero che Mattarella abbia vissuto le ultime settimane con preoccupazione fino a lambire un sentimento di irritazione. Giuseppe Conte ha traccheggiato dopo il voto che ha sancito una maggioranza esigua al Senato: ha preso tempo. “E in realtà ha perso tempo”, è l’analisi che arriva da ambienti parlamentari. Anche l’atto delle dimissioni ha generato fastidio al Colle: troppo show mediatico e poca attenzione al protocollo istituzionale. Da Palazzo Chigi è arrivata una smentita di rito, che ha lasciato aperta la questione.

La strategia anti-tensione

Una sostanziale diffidenza, sussurra chi misura gli umori del Quirinale, guiderà le consultazioni. Un approccio che andrà comunque a braccetto con disponibilità a far decantare le tensioni. Proprio per questo, al di là dei voli pindarici dei protagonisti, Mattarella è intenzionato a chiedere numeri stabili: concedendo un lasso temporale non strettissimo, è possibile formare un solida base parlamentare. Non ci sono scuse. La soluzione ideale sarebbe quella di una maggioranza che possa affrontare una futuribile defezione degli alleati. In che senso? Se dovesse ricostituirsi una coalizione comprendente Iv, i renziani non detenere la golden share sulla tenuta del governo. È storia nota che il rapporto tra Renzi e l’inquilino del Quirinale si siano deteriorati dal dicembre 2016, quando l’ex Rottamatore avrebbe voluto portare il Paese al voto dopo il “no” al referendum. Mentre il Colle chiese un esecutivo per rendere omogenee le leggi elettorali di Camera e Senato, ottenendo la nascita del governo Gentiloni. Certo, nessun pregiudizio perché Mattarella vuole restare arbitro imparziale, al di là delle interpretazioni personali. Ma la sua è una valutazione istituzionale, nel solco di quanto accaduto di recente. “Il Presidente scruta con inquietudine il periodo del semestre bianco: teme si possa tramutare nella paralisi totale”, è il ragionamento che circola in vari ambienti istituzionali. La sintesi dei fatti è che Il Quirinale non vuole essere spettatore impotente di faide lunghe un intero semestre, mentre è in corso la vaccinazione degli italiani e con il Recovery plan che deve diventare esecutivo. Senza dimenticare il percorso per eleggere il suo successore.

Mattarella chiede numeri solidi

Per questo la linea prediletta del Quirinale è quella della maggioranza solida nei numeri. Niente pallottoliere alla mano a ogni provvedimento. Il potere di crisi non deve spettare ai gruppi più piccoli, quindi nemmeno ai costituendi responsabili, attesi come la Terra promessa per la formazione del Conte Ter. Insomma, la valutazione numerica è centrale. E, letta così, servono almeno 175-176 senatori a supporto della prossima maggioranza. Il sentimento di estrema prudenza, alias diffidenza, si estende anche alle forze politiche più sostanziose, come il Movimento 5 Stelle. Gli ambasciatori del Colle, che seguono il sentimento del Parlamento, avvertono sulle forti tensioni che attraversano i pentastellati: l’assenza di una guida legittimata non è più solo una questione interna, ma un problema che riguarda la tenuta della legislatura. Il reggente Vito Crimi parla ufficialmente a nome di tutti, ma una grande fetta di parlamentare non gli riconosce il titolo per farlo. L’assemblea dei gruppi grillini di ieri sera ha il sapore della resa dei conti giusto rinviata. Anche per questo il terreno su cui conferire l’incarico resta molto scivoloso per il Capo dello Stato.

In questo complesso insieme di ragionamenti, sullo sfondo c’è sempre la soluzione dello scioglimento delle Camere. Nel mix di grande cautela e ampia disponibilità, Mattarella può giungere, avendo esplorato le possibilità del Parlamento in carica, alla decisione di mandare il Paese alle elezioni.

Un’ipotesi che nei giorni scorsi era trapelata attraverso fonti autorevoli: chi pensa che il Quirinale faccia barricate contro il voto anticipato, si sbaglia di grosso. Gli occhi sono puntati, infatti, su giugno dopo la nascita di un governo elettorale per non lasciare la macchina istituzionale nelle mani di Conte.

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