Draghi sì, Draghi no. Il Pd, che da tempo accusa Matteo Salvini di stare con un piede dentro il governo e un piedi fuori, ora si trova scisso tra chi preferirebbe le elezioni anticipate e chi vorrebbe proseguire questa esperienza di governo fino al 2023.
“Tutti i partiti in una grande coalizione devono avere queste due anime. Stanno dentro un governo di grande coalizione e questo mette a rischio la loro identità e, quindi, tutti i partiti devono tenere un profilo bifronte”, spiega a ilGiornale.it il direttore della Luiss School of Government, Giovanni Orsina, commentando le dichiarazioni di Goffredo Bettini il quale sostiene che l'agenda del governo Draghi non possa essere quella del Pd. L'obiettivo del dirigente piddino, principale sostenitore dell'alleanza giallorossa, è chiaro: spedire Draghi al Colle per poter andare alle urne già nella primavera del prossimo anno così da 'giocare la carta Conte' prima che la leadership dell'ex premier si appanni.
“Questa mi sembra una posizione minoritaria dentro il Pd”, sottolinea Orsina, convinto che al Pd converrebbe andare al voto nel 2023 e mantenere Sergio Mattarella al Colle “perché prenderebbe due piccioni con una fava: terrebbe un presidente che viene dal Pd al Quirinale e avrebbe più tempo per cercare di recuperare il terreno con la destra e per cercare di stringere l'accordo col M5S”. Se, infatti, da un lato è vero che Conte oggi gode ancora di un consenso che potrebbe disperdere nell'arco del prossimo anno e mezzo, dall'altro lato è anche vero che fare l'accordo col M5S non è facile.”Se si andasse al voto nel 2022, per i giallorossi sarebbe più difficile recuperare il gap col centrodestra, ma è chiaro che chi sostiene Mario Draghi rischia di logorarsi”. Ed è per questo motivo che Letta insiste su temi come il Ddl Zan e lo ius soli, rafforzando l'immagine di un Pd di lotta e di governo. “Da un lato bisogna essere responsabili e sostenere Draghi, ma dall'altro devono pure manutenere la propria identità che non corrisponde a quella del governo”, spiega il politologo.
Il sondaggista Renato Mannheimer ribadisce: “Come la Lega, anche il Pd, partito assai litigioso e composito, ogni tanto ha bisogno di uscire con sortite movimentiste e ogni tanto con sortite filo-governative. Letta ha il compito di fare la sintesi tra le due posizioni ed è una situazione molto difficile per il suo partito”. Diversamente da quanto si pensi, la figura di Giuseppe Conte non si sta ancora logorando e gode di una certa stima da parte degli elettori dem, il cui orientamento è rappresentato dalle posizioni di Bettini. “Anzi, a partire dal mese di agosto, ossia da quando l'ex premier ha preso la guida dei Cinquestelle, il M5S è aumentato”, dice Mannheimer che prefigura uno scenario fosco per il partito guidato da Letta. “Se ci fossero elezioni elezioni anticipate, una parte degli elettori del Pd a cui Conte piace potrebbero decidere di votare direttamente M5S e, quindi, al Pd conviene che Draghi resti a Palazzo Chigi”, spiega il sondaggista.
“Se Draghi restasse premier fino al 2023, potrebbe poi puntare a prendere il posto di Ursula Von Der Leyen in Europa. È più importante averlo lì che non al Quirinale. L'obiettivo di Letta potrebbe essere questo”, osserva Nicola Graziani, decano dei quirinalisti dell'Agi. “L'Italia con Draghi, ora che la Merkel si ritira a vita privata, ha la possibilità di contare di più in Europa. In Francia, poi, ci sono le presidenziali e bisognerà vedere cosa farà Macron, ma comunque la Francia non è la Germania”, evidenzia Graziani il quale esclude, invece, il bis per Sergio Mattarella.
“Il presidente potrebbe accettare la rielezione, se avesse la certezza di essere rieletto al primo colpo perché un presidente uscente che viene sottoposto a una seconda o terza votazione, anche qualora passasse, ne uscirebbe malconcio”, sentenzia il quirinalista.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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