Pd in pieno caos tra l'incubo flop delle Regionali e l'opa di Landini

Conte dà il via libera all'alleanza in Lombardia. I dem tremano: "Una strategia suicida per noi". L'ala sinistra del partito pronta a diventare terreno di caccia per la discesa in campo del leader Cgil

Pd in pieno caos tra l'incubo flop delle Regionali e l'opa di Landini

Acefalo, perso nei suoi infiniti meandri congressuali, con i sondaggi in picchiata e gli avversari e ex alleati che lo usano come punching ball per il caso Quatargate, il Pd vive la sua ora più buia.

La confusione regna sovrana: ieri è persino circolata voce che sarebbe stato necessario rinviare le primarie, fissate per il (lontano) 19 febbraio, per evitare che il complicato iter statutario confliggesse con le necessità della campagna elettorale in Lazio e in Lombardia. Che peraltro si annuncia come un nuovo, potenziale bagno di sangue: nel Lazio, dopo anni di amministrazione di centrosinistra, il centrodestra ha il vento in poppa nei sondaggi. Mentre in Lombardia, dopo la rottura con il Terzo polo che lì ha un buon bacino potenziale, è arrivato il «bacio della morte» di una alleanza con i Cinque Stelle, che non solo non hanno voti ma si danno anche un gran daffare a prendere per i fondelli sia il Pd che il suo candidato Majorino, e a metterne in dubbio la probità morale dopo lo scandalo Qatar. Ieri sera Giuseppe Conte ha concesso il suo via libera all'aspirante governatore dem, ma si tratta di una concessione a doppio taglio e a tutto vantaggio di M5s, che ha ogni convenienza a nascondere il proprio vuoto di consensi nella regione più produttiva d'Italia dietro una sconfitta annunciata, che sarà tutta e solo del Pd. «Una strategia suicida per noi», dicono in casa dem. L'unico risultato ottenuto dall'alleanza coi contiani, per il momento, è la rottura con Più Europa di Emma Bonino: «É un errore politico ed elettorale a cui non parteciperemo - annuncia Benedetto Della Vedova - Con i populisti in Lombardia non si vince e non si governa»

Le primarie non verranno spostate, assicurano dal Nazareno. E neppure anticipate a fine gennaio, come chiedono in molti, da Matteo Ricci a Alessia Rotta, sottolineando come «ogni giorno si perdano punti nei sondaggi». Una accelerazione che non piacerebbe per nulla alla candidata di Franceschini, Orlando e Boccia, ossia Elly Schlein, che ha bisogno di tempo per racimolare consensi nella base del Pd visto che si è appena iscritta e che il suo avversario ha a disposizione una macchina organizzativa ben più oliata. Ma che in realtà non piace neppure a Bonaccini, che non ha alcuna intenzione di farsi mettere in conto, da segretario, le debacle di Lazio e Lombardia.

Tutti pensano già al 2024, alle europee. E in questa prospettiva il Pd rischia di diventare solo un serbatoio di voti e personale politico da spolpare. Nell'ala riformista del Pd, ad esempio, si fa strada una convinzione inquietante: se a vincere il congresso e le primarie, come appare al momento probabile, sarà Stefano Bonaccini, magari con un margine risicato, rischia di innescarsi un processo centrifugo. Più di un dirigente di quell'area lo dice esplicitamente: l'ala sinistra che ha scelto Elly Schlein, più come figurina simbolica che come leader potenziale, è pronta a diventare il terreno di caccia di Giuseppe Conte e dei suoi «burattinai». In primis Maurizio Landini: il leader della Cgil, spiega una ex parlamentare che conosce da vicino la macchina del sindacato, «pensa sul serio di lanciare in pista un soi-disant «partito del lavoro», costruito mettendo insieme i Cinque Stelle e un pezzo di Pd di sinistra, pronto a staccarsi se vincerà Bonaccini».

L'ex segretario Zingaretti accusa i riformisti: «Chi, come Gori o Castagnetti, minaccia di andarsene se vince un candidato sgradito, crea le condizioni perchè se ne vadano gli altri se vince il loro». E l'eterna Rosi Bindi già getta le premesse della futura scissione: «Non voterò alle primarie: serve un cambiamento radicale». Nel senso di grillin-dalemian-landiniano.

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