Il Pd segue Calenda: "Il M5S? Deve diventare una forza riformista"

I parlamentari Pd sembrano concordare con quanto sostenuto da Carlo Calenda, ossia che il M5s deve ancora dar prova di essere davvero una forza di governo riformista

Il Pd segue Calenda: "Il M5S? Deve diventare una forza riformista"

Carlo Calenda scuote il Pd. Al termine del primo congresso nazionale di Azione, l'ex ministro allo Sviluppo economico spariglia le carte e apre al M5S.

Sabato, infatti, il leader di Azione, in vista di un'alleanza per le prossime Politiche, aveva posto un'unica condizione a Enrico Letta, ossia che nella futura coalizione "non ci sia il M5S". Ieri, invece, intervistato da Lucia Annunziata, Calenda ha aperto uno spiraglio: "Il Movimento Cinque Stelle non esiste più, al suo interno c'è di tutto. Se il M5s rimane così com'è non ci sono le condizioni per dialogare. Ma se diventa un'altra cosa, magari un soggetto a sinistra del Pd, che incarna una cultura diversa dai no, allora si può costruire qualcosa. Ma altrimenti no. E ora non ci sono le condizioni". Dentro il Pd c'è la forte convinzione che la costruzione di un campo largo che vada da Calenda a Conte (magari passando pure per Renzi) non sia solo possibile, ma anche auspicabile e ineluttabile. Se il capogruppo dem alla Camera Debora Serracchiani dice apertamente che il Pd sta "valutando nuove alleanze", Francesco Boccia, responsabile Enti locali del partito, è convinto che per le prossime comunali "il fronte progressista e riformista" deve andare unito.

E questa è la convinzione anche di molto parlamentari dem. "Condivido e sostengo l'impegno di Letta per costruire una alleanza larga ed inclusiva. È la strada giusta", dice a ilGiornale.it il deputato Andrea De Maria. Che aggiunge: "Il Partito Democratico sta dimostrando determinazione e coerenza ed è giusto chiedere a tutti gli interlocutori di superare veti e diffidenze. L'unità di un campo largo dei progressisti e del centrosinistra è la scelta giusta per il Paese". Il senatore orfiniano Francesco Verducci respinge gli aut aut e fa sua la strategia indicata da Letta nel momento in cui è stato eletto segretario:costruire un "grande Pd" che sia "perno del centrosinistra" e che abbia "un'interlocuzione con i Cinquestelle". E sintetizza così il suo pensiero: "In Parlamento lavoriamo insieme da Calenda ai 5s. Stiamo sui progetti e sui temi. È sbagliato dire sì o no a prescindere. Il primo tema per noi è puntare sul PD".

Anche all'interno della corrente di 'Base riformista' non c'è nessuna intenzione di escludere uno dei due possibili alleati. "Noi vogliamo continuare a lavorare con tutti coloro che intendono sostenere il governo Draghi. Abbiamo interlocuzioni positive sia con i Cinquestelle sia con Calenda. Forse sono loro che devono maturare la decisione di costruire un campo largo che si misurerà sulle cose da fare, non sui veti reciproci", spiega il senatore Alessandro Alfieri, coordinatore della corrente che fa capo al ministro Lorenzo Guerini. Secondo gli ex renziani, insomma, le alleanze si costruiranno sulla base della lealtà al governo Draghi. Gli fa eco la senatrice Valeria Fedeli: "Più che di campo largo io parlerei di rilancio della funzione del Pd così com'era alla sua nascita: un centrosinistra senza trattino di cultura riformista e di pratica di governo. Le alleanze le misureremo sulle cose da fare". I parlamentari dem fanno sfoggio del loro pragmatismo e non intendono rinunciare al M5S che, sebbene sia dilaniato da una lotta intestina tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, porta ancora in dote un bacino di voti che si aggira tra il 12 e il 15%. Anche i riformisti di Calenda, però, nel loro piccolo, detengono una percentuale di voti non trascurabile e, alla luce della trasformazione ideologica compiuta in questi ultimi due anni dal M5S, i dem ritengono che sia possibile tenere insieme le due forze. La parola chiave, per non ripetere gli errori tipici del passato, è "riformismo". L'unico modo per evitare che "il campo largo lettiano" non si trasformi nella fallimentare "Unione prodiana", un'accozzaglia di sigle di partiti e di culture diverse, è fare in modo che anche i pentastellati si riconoscano nel riformismo. Il M5S odierno è già assai ben diverso da quello che nel 2018 ottenne il 32%, ma la sua trasformazione non è ancora del tutto ultimata e, nonostante il netto calo di consensi, i pentastellati occupano uno spazio politico che, a detta della deputata Enza Bruno Bossio, sarebbe "sbagliato far finta che non esista".

Il problema è che non è sufficiente che i grillini abbiano abbracciato la causa europeista. Secondo i piddini, la maturazione ideologica dei loro principali alleati, in estrema sintesi, non è ancora giunta a pieno compimento. "Nel M5S c'è una bad company, che ha come punti di riferimento Di Battista e Raggi e una good company che si ritrova nelle posizioni governiste di Di Maio. Se le posizioni sono queste ultime, ben vengano i Cinquestelle", sottolinea la dem Patrizia Prestipino.

La deputata vicina a Base Riformista si complimenta con Letta per la sua apertura verso Azione e "a favore del riformismo", ma critica Calenda quando apre alla Lega filogovernativa e chiude al M5S "perché ci sono anche tanti grillini corretti che ha accettato di governare con Draghi e non c'è motivo di escluderli". La Bruno Bossio sintetizza così il comune sentire dei democratici: "È necessario spostare i grillini verso una linea riformista".

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