Sembra siano circoscritti i confini della variante indiana in Veneto. E limitati a una famiglia, ora isolata, residente a Villaverla nel Vicentino. Si tratta di un uomo di 42 anni, della moglie di 33 e dei figli di 9 e 6 anni che avevano partecipato al rito del Kumbh Mela, uno dei più importanti pellegrinaggi induisti, celebrato sulle rive del Gange da 5 milioni di persone. Sui 200mila test effettuati fra i pellegrini, erano emersi quasi 2mila casi. Numeri che hanno indotto la congregazione che gestisce l'evento religioso a interrompere prima del tempo il raduno. I quattro vicentini sono rientrati in Italia il 7 aprile, con un volo atterrato a Orio al Serio (Bergamo). Solo dopo hanno avvertito i primi sintomi, non gravi, e si sono isolati. È stato invece accertato che il focolaio di Covid scoppiato nella comunità sikh di Latina nulla abbia a che fare con la variante indiana.
Ma dobbiamo realmente temere la nuova mutazione del virus?
«È vero che il virus sta mutando molto rapidamente ma è tutto nella logica delle cose - spiega Stefania Stefani, presidente della Società italiana di Microbiologia - Sappiamo che la variante indiana si basa su una doppia mutazione ma teniamo presente che la situazione che si sta verificando in India non è dovuta solo a questo ma anche alle diverse misure di contenimento rispetto all'Occidente».
In base ai primi studi, una delle due mutazioni potrebbe aumentare la contagiosità, l'altra potrebbe potenziare la capacità del virus di dribblare la risposta immunitaria, quindi, potrebbe portare il Covid ad essere più resistente agli anticorpi sviluppati dopo un'infezione o di aggirare, almeno parzialmente, l'efficacia del vaccino. La resistenza ai vaccini di fatto deve essere ancora dimostrata. Secondo i primi dati da Israele, il vaccino Pfizer-BioNTech è parzialmente efficace contro la variante indiana e anche i primi test di neutralizzazione sul vaccino indiano Covaxin hanno mostrato una buona risposta. Secondo il virologo Giovanni Maga, direttore dell'Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia, «c'è uno studio di un gruppo indiano in cui i ricercatori dimostrano che il vaccino indiano in sperimentazione protegge contro da questa variante, ed è un vaccino analogo a quello cinese, basato sul virus inattivato. Lo studio è al momento in revisione per la pubblicazione ma i dati sono già stati messi a disposizione su un banca dati pubblica perché la comunità scientifica possa già valutarli». I sintomi sono gli stessi della versione tradizionale della malattia ma, a quanto pare, un po' più forti: tosse, raffreddore, mal di testa e mal di gola, febbre, dolori muscolari, diarrea, stanchezza e spossatezza. Fondamentale in questa fase è il lavoro del Consorzio nazionale per la geotipizzazione del virus, progetto annunciato a fine dicembre sotto l'egida di Iss e Aifa ma non ancora decollato a pieno regime. Eppure è dalle analisi delle sequenze del virus che si possono individuare le nuove varianti, come è accaduto a Firenze, e giocare d'anticipo sul virus con isolamenti preventivi e tamponi nella cerchia dei casi positivi. «Le regioni - spiega Stefani - hanno individuato i laboratori che si occupano del sequenziamento. Il progetto, nel suo impianto, in realtà è già partito e comincia a dare i suoi frutti. Aspettiamo venga pienamente finanziato. Se diciamo che la variante inglese è quella prevalente sul territorio nazionale, è perché ci basiamo su evidenze che arrivano dai laboratori.
Il consorzio è fondamentale per due ragioni: per fare un approfondimento epidemiologico, cioè analizzare l'impatto dell'infezione sul territorio e per vedere come il virus possa evolvere sotto la pressione selettiva di vaccini e terapie. Dovevamo aspettarci nuove varianti. Anzi, ce ne saranno altre. Ci sono già alcune varianti del gene N e non della proteina Spike come accaduto finora».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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