Lucia SerlengaSe Caterina de' Medici in abiti dalle maniche enfiate abbandonasse le sontuose feste rinascimentali tra Firenze e Parigi e si spostasse allo Studio 54, nota discoteca di Manhattan dove negli anni Settanta artisti e creativi sciroccati si bombardavano come minimo di musica, o facesse una capatina a Brooklyn per incontrare un graffitaro con la bomboletta al posto delle mani... allora saremmo certi di essere stati catapultati sulla passerella di una sfilata iniziata ieri con il faraonico ritardo di oltre un'ora ma con effetti speciali difficili da dimenticare. A partire dalle proiezioni su un infinito sipario nero con deflagrazioni e onde indomabili e poi la quiete di fiori sospesi. Frattali di un sogno che per Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, si traduce in un affascinante spazio mentale, nello spartito di tante emozioni che producono accordi dissonanti di diversi strumenti ottenuti attraverso una autentica libertà dal conosciuto. «Ho bisogno di nutrirmi di vari argomenti per trovare il mio racconto» spiega l'irresistibile stilista con una chiarezza che ipnotizza e rende intellettualmente godibile la sua poetica fatta di affascinanti ibridazioni. A partire dal cappottino di pelliccia rosa pantera portato con borsa, calze e sandali nella stessa tonalità, passando per la lunga pelliccia di kidassia giallo carico per arrivare all'abito a strati di chiffon che dal verde passa al rosa e culmina nel rosso come una nuvola prima di esplodere nell'arcobaleno. E poi ci sono i pezzi che Alessandro Michele ha realizzato inglobando l'irrefrenabile passione di Trevor Andrew, artista impallinato per il brand italiano al punto da farsi chiamare «Guccighost», una sorta di Kate Haring mai logorato dall'immensa produzione di pattern GG in tutte le salse. «Ho legittimato quello che lui ha prodotto e ho trattato i suoi capi come fossi un dottore» spiega il creative director facendo vedere grandi G impresse sulla schiena di una magnifica pelliccia, G stampate sulla gonna di duchesse, languidi graffiti pop su pezzi sportivi, un geroglifico entrato di diritto fra le ossessioni dello stilista più celebrato del momento. Le passioni delle romantiche ragazze Blugirl immaginate da Anna Molinari sono concentrate su colli e gorgiere d'ispirazione vittoriana, calze di pizzo traforate in scarpe e sandali di pelliccia, sovrapposizioni di tulle e pizzo con pellicce di lapin e cappottini bouclé. Il tutto condito con un pizzico di sana ironia che consente di viaggiare in tante storie e in altre epoche pur rimanendo moderni. Alessandro Dell'Acqua, per esempio, esplora con la collezione N° 21 le liquide silhouette degli anni Trenta e la preziosa casualità del vestire di oggi. Il risultato? Un bell'esempio di libertà espressiva nei miniabiti in duchesse sovrapposti da piccole sottovesti di pizzo macramè indossati su una gonna di tulle ricamato, grandi borchie di strass sulle maglie, bordi di macro cristalli a illuminare caban e cappotti. Una gran bella collezione che la dice lunga su quanto sia indispensabile nella creatività avere briglia sciolte e sinapsi toniche. Cose che non mancano a Francesco Scognamiglio fresco di un nuovo quartier generale di fronte alla casa del Manzoni: nella sua preziosa collezione si respira la lirica di frammenti di chiffon e l'opera di scomposizione dell'abito in cascate di volant, di ricami scultorei e tridimensionali su cappotti e bomber in tessuto azzurro polvere, di maestria artigianale che prelude a una prossima collezione di alta moda.
Insomma la cultura italiana è un patrimonio da non disperdere come hanno dimostrato Tommaso Aquilano e Roberto Rimondi disegnando la linea Fay: un occhio al pregio dell'artigianalità e uno alla modernità delle ragazze californiane. Da qui decori e ricami anche sui cappottini, stampe sugli abiti di seta, frange intagliate, ricami e applicazioni per dodici borse, una più bella dell'altra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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