Primi annunci di governo per Marine Le Pen. Non è ancora certa di intascarsi le chiavi dell'Eliseo che già promuove l'eurodeputato Jean-Paul Garraud (ex leader delle toghe con tendenze golliste e relatore per la legge anti-velo integrale) a ministro della Giustizia; accenna a «un governo di unità nazionale che uscirà dalle elezioni legislative» di giugno. E dentro, dice Marine, «ci saranno persone che verranno sicuramente da destra e da sinistra». Continua insomma la manovra di apertura ad altre forze politiche, nel tentativo di sdoganare la sua figura dal passato ingombrante, in un sistema in cui sono saltati i partiti storici, socialisti e neogollisti, e pure il fronte repubblicano.
«BleuMarine», in vista del faccia a faccia tv con Macron domani sera, deve però affrontare un'altra tegola, dopo quella sui finanziamenti russi e le strette di mano a Putin. L'Agenzia antifrode dell'Ue (Olaf) rilancia infatti le accuse prese già a cuore dalla Procura di Parigi, che indaga su di lei sul partito-famiglia per appropriazione indebita di fondi Ue: 137mila euro contestati alla Le Pen, mentre le spese complessive da verificare sfiorano i 600mila euro. Il contenzioso parla di malversazioni nei mandati da eurodeputati di 28 quadri lepenisti, compreso papà Jean-Marie. Un dossier datato, si direbbe «a orologeria», visto che in Francia la questione dell'uso opaco di denari Ue da parte dell'estrema destra tiene banco da anni. Un timing sospetto per Rodolphe Bosselut, avvocato di Mlp, perché tutto risale a più di 10 anni fa.
La candidata all'Eliseo, sotto inchiesta per «appropriazione indebita di fondi pubblici», se domenica venisse eletta beneficerebbe dell'immunità e non potrebbe essere oggetto di procedimenti giudiziari nei 5 anni di mandato. Un fianco scoperto, che Macron potrebbe sfruttare per colpirla. Le Pen ha deciso di prepararsi al meglio. Non come nel 2017, quando prese alla leggera la sfida tv con Macron aggravando il distacco con una performance disastrosa. Stavolta si prende quasi due giorni per studiare i dossier. E chiama un enarca a impersonare il presidente uscente nell'allenamento pre «ring». «Basta insulti e fake news, voglio un dibattito pulito», dice. Poi uno «sparring partner» interpreterà Macron nella prova generale del faccia a faccia. I due rivali sono oggi più vicini: 56%-44% (Ipsos). Ma oltre ai presunti stipendi ai collaboratori che lavoravano a Parigi con i soldi dell'Ue, nel mandato «BleuMarine» all'Europarlamento 2004-2017, ci sono le bottiglie di champagne pagate con soldi Ue da Jean-Marie Le Pen; le fumose giustificazioni dell'ex compagno di Marine, Louis Aliot e quelle di Bruno Gollnisch, prima fascia del partito. Una «piovra» che la Procura non ha ancora sezionato. «Sono abituata ai colpi bassi, i francesi non si faranno imbrogliare, contesto le accuse dell'Olaf, ennesimo tiro mancino Ue», risponde Marine. Artisti e attori denunciano invece il suo programma «xenofobo». Da Jane Birkin a Charlotte Gainsbourg e Clara Luciani, da Fabrice Luchini a Guillaume Canet, si schierano in 500. Meglio scegliere Macron.
Non farlo, «equivale a un voto a Le Pen». Chiedono agli indecisi di non porre «democrazia e populismo» sullo stesso piano votando una candidata alleata con «potenze totalitarie e belliche». Sui social, però, il #ToutSaufMacron guadagna terreno.
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