Malgrado le grane giudiziarie che minano il Front National, Marine Le Pen resta la candidata favorita al primo turno delle presidenziali francesi del 23 aprile. In testa ai sondaggi col 26%, è però tallonata dai magistrati. Tanto che mercoledì si è rifiutata di recarsi nell'ufficio anticorruzione della polizia di Nanterre, che segue l'inchiesta per truffa ai danni del Parlamento europeo, già costata due perquisizioni al partito. Sempre più battagliera, in nome della normalizzazione ormai compiuta del Fn, ieri ha fatto sapere che non risponderà agli inquirenti durante la campagna elettorale, come già accaduto nelle regionali. Perché «questo frangente non permette né la neutralità né la serenità necessaria al corretto andamento della giustizia».
Allontanando la data della sua audizione a fine giugno quando oltre al nuovo inquilino dell'Eliseo che il ballottaggio indicherà il 7 maggio si saranno svolte anche le politiche Le Pen insiste sulla giustizia a orologeria, trattandosi di un fascicolo aperto due anni fa. Contrariamente alla sua capo di gabinetto (indagata per abuso d'ufficio), o alla sua guardia del corpo (fermata e rilasciata), ha il diritto di non rispondere all'autorità giudiziaria. È protetta dall'immunità parlamentare all'occorrenza europea che impedisce di prendere qualunque misura nei confronti di un politico eletto.
La corsa all'Eliseo intanto assume ogni giorno di più un carattere europeo. Al punto che gli altri candidati si lanciano in alleanze inedite in nome del contrasto alla leader «populista» che promette di «azzerare i Trattati», e definisce l'Europa una «prigione» e una «gogna». È il caso del centrista François Bayrou, l'uomo che potrebbe cambiare le sorti del voto consegnando un pacchetto di almeno 5 punti all'indipendente Emmanuel Macron, oggi dietro Le Pen.
Macron, 39 anni, è leader del movimento En Marche! ed è accreditato del 23%. Ma nel giro di pochi mesi è riuscito ad attrarre un elettorato eterogeneo, e perfino qualche socialista moderato a cui non piace il programma del candidato Ps Benoit Hamon (dato quarto al 16%).
Se l'alleanza centrista Macron-Bayrou punta a battere chiunque al ballottaggio, i socialisti di Hamon hanno invece ottenuto il sostegno di Jannick Jadot. In corsa per i Verdi, Jadot ha ritirato la sua candidatura in favore della gauche (che restituirà il favore lasciando campo libero in alcune distretti per le legislative). Hamon, più che Le Pen o Macron, prova a insidiare il candidato repubblicano François Fillon. Tuttora terzo al primo turno, per i sondaggi, il recente Penelope-gate sembra non averlo penalizzato nella pancia dell'elettorato, stabile al 21%. Ma ieri la procura ha aperto un'inchiesta sullo scandalo.
Il copione pare già scritto. Quello che dà Macron al ballottaggio vincente contro Le Pen. Resta da capire cosa sarà del leader dell'ultrasinistra Jean-Luc Mélanchon. In pista sotto le insegne della Francia ribelle è quarto nei sondaggi con il 11%. «Non chiudo nessuna porta», dice accettando l'invito di Hamon per un'alleanza programmatica. L'unione della gauche è ancora possibile. «Domani o al massimo lunedì» il confronto sull'ipotesi Hamon candidato unico.
Ma a quel punto Mélanchon dovrà rinunciare all'uscita dall'Ue, quella Frexit che neppure Le Pen ha proposto, ventilandola solo in caso «l'Unione guidata da un Germania ideologica ed economicamente egemone» non accettasse di «trattare».
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