La stretta sulla perequazione delle pensioni, cioè sul recupero dell'inflazione, durerà tre anni. Sostituisce un sistema stabilito da una legge del 2000 che è stato già sospeso e che sarebbe tornato in vigore nel 2019. Il regime transitorio viene prorogato e aggravato.
Ora le fasce di reddito alle quali sono applicate percentuali diverse sono quattro; dal 2019, quando entrerà in vigore la Legge di Bilancio, saranno sette. Ognuna con una diversa percentuale di recupero dell'inflazione, che scende con l'aumentare dell'assegno previdenziale.
Non cambierà la soglia sotto la quale l'inflazione calcolata dall'Istat (nel 2019 è stata fissata con un decreto del ministero dell'Economia all'1,1%) sarà recuperata interamente. Tre volte il trattamento minimo (oggi 513 euro), quindi 1.539 lordi. Da gennaio potranno avere un aumento di 16,9 euro mensili.
Le riduzioni sono impercettibili per la seconda fascia, quella tra tre e quattro volte il trattamento minimo. La perequazione, cioè il recupero sarà del 97%, per poi passare al 77% per i trattamenti fino a cinque volte, al 52% fino a sei e del 47% oltre sei volte il minimo, il 45% oltre otto volte e 40% oltre nove volte il minimo.
In percentuale la rivalutazione complessiva sarà dell'1,1% per gli assegni fino a tre volte il minimo, dell'1,067 per quelli da tre fino a quattro, dello 0,847% fino a cinque volte il minimo, 0,572 per quelli fino a sei volte, 0,517 fino a otto, 0,4955 per quelli fino a nove e 0,440% per quelli oltre nove volte.
Non sono solo dei mancati aumenti. Con l'aumentare dell'assegno diminuirà il valore relativo degli assegni pensionistici, quindi il loro potere d'acquisto. In sostanza il recupero dell'aumento del costo della vita sarà minore per gli importi più alti.
Ecco alcuni esempi. Con una pensione pari a cinque volte il minimo - secondo una simulazione effettuata dalla Uil per il segretario confederale Domenico Proietti - l'indicizzazione ordinaria avrebbe portato la rendita da 2.565 a 2.591. La legge di Bilancio riporta a 2.586,73. Ai pensionati sono sottratti 59,68 euro all'anno. Con un assegno mensile di 3.078,00, il 2019 porterà una riduzione di 167,26 euro all'anno. Da un importo comprensivo di recupero dell'inflazione di 3.108,47 euro, si passerà a 3.095,61 euro. Con il precedente regime il recupero dell'inflazione sarebbe stato totale, con la legge di Bilancio la rivalutazione sarà del 52%.
Passando alle pensioni pari a otto volte il trattamento minimo, quindi un assegno mensile che nel 2018 era 4.104 euro, la legge di Bilancio sottrae al recupero dell'inflazione 230,35 euro all'anno. Gli assegni passeranno da 4.142,94 a 4.125,22 euro.
Gli assegni di 10 volte il minimo (oggi 5.130 euro) passeranno da 5.177,40 euro a 5.152,57 euro, con un differenza lorda annua di 322,78 euro.
Il maxiemendamento precisa che il riferimento è all'importo complessivo dei trattamenti. Quindi le soglie vanno calcolate sommando eventuali diversi trattamenti pensionistici (ad esempio una pensione da lavoro e una reversibilità).
C'è un altro aspetto che concorre a fare diminuire l'assegno: la legge proroga un sistema di calcolo svantaggioso per il pensionato. La percentuale di rivalutazione vale per l'intero importo sulla base dello scaglione di appartenenza. Con la normativa ordinaria, per ogni scaglione ci sarebbe stata un'aliquota diversa.
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