Che l'alterazione di gusto e olfatto siano correlati all'infezione da Covid ormai è noto. Ora sembra che possano rappresentare campanelli d'allarme dell'infezione in arrivo. A sostenerlo uno studio condotto dal gruppo di Massimo Galli, direttore del dipartimento di Malattie infettive dell'Ospedale Sacco e docente di Scienze Biomediche e Cliniche all'Università degli Studi di Milano accettato dalla rivista Clinical Infectious Diseases che riporta la prima descrizione dei disturbi di gusto e olfatto come manifestazioni cliniche frequenti in pazienti con infezione da «severe acute respiratory syndrome coronavirus 2 (SARS-CoV-2)». Più frequente tra i giovani e le donne, il sintomo può costituire un prezioso indicatore in pazienti con sintomi leggeri per ulteriori approfondimenti diagnostici.
Il team coordinato da Galli e dai colleghi del Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche (Dr. Andrea Giacomelli, Prof. Spinello Antinori e Prof. Stefano Rusconi) presso il Dipartimento di Malattie Infettive dell'Ospedale Sacco ha definitivamente chiarito che disturbi di olfatto e gusto sono assai frequenti nelle COVID, venendo ad interessare circa un paziente su tre, spesso riportati già in fase precoce di malattia, colpendo particolarmente i giovani e il genere femminile. I ricercatori suggeriscono come in un contesto pandemico e in soggetti con sintomatologia lieve- moderata, che non necessitino di ospedalizzazione, la presenza di tali sintomi possa essere un prezioso indicatore di pazienti cosiddetti « paucisintomatici» cioè asintomaticici o con sintomi lievi, meritevoli di ulteriori approfondimenti diagnostici.
Come è nata la ricerca? «Abbiamo ricevuto centinaia di segnalazioni di pazienti che manifestavano alterazioni dell'olfatto e del gusto - racconta Galli - e da numerosi colleghi che ci hanno segnalato un inusuale incremento di queste particolari condizioni. Abbiamo deciso di misurare il problema e di segnalarlo, a partire dall'osservazione dei pazienti ricoverati da noi, circa 300. Abbiamo osservato, appunto, è che iposmia, anosmia e disgeusia nei pazienti affetti da una manifestazione acuta della malattia emergono in fase precoce, per chi è asintomatico invece arrivano dopo il consueto picco di febbre».
Il messaggio che possiamo lanciare a chi si accorge di aver in parte o completamente perso i due sensi è che «non sono in pericolo, probabilmente sono stati infettati e quindi si devono comportare di conseguenza - spiega il direttore - e che Altrettanto probabilmente quello sarà l'unico sintomo importante della loro malattia. Non solo, i sensi sono destinati a essere recuperati, anche se non siamo ancora in grado di dire con che tempistiche».
Dallo studio pubblicato da Claire Hopkins del King's College London, presidente della British Rhinological Society, e Nirmal Kumar, presidente di ENT UK, gruppo di associazioni di otorinolaringoiatri anglosassoni, l'American Academy of Otorinolaringology Head and Neck Surgery ha pubblicato una dichiarazione in cui propone di aggiungere questi sintomi fra le manifestazioni di cui tenere conto quando si esegue lo screening del nuovo coronaviurs.
Ma ciò significa che il Covid è in grado di infettare il sistema nervoso come sostiene lo studio pubblicato da ricercatori cinesi sul Journal of Clinical Virology e quello pubblicato sul Chemical Neuroscience? «No, di questo aspetto non c'è evidenza, quello che possiamo osservare però è che il virus può danneggiare le
terminazioni nervose presenti in questi organi. Le terminazioni nervose - spiega galli - arrivano all'etmoide per raggiungere la larofaringe: un'infiammazione a quel livello può provocare danni alle terminazioni nervose».
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