La crisi da Covid ha tirato fuori il peggio dell'Italia. Aggravato lo stato dei conti pubblici, messo sotto pressione realtà già provate e penalizzato chi già era svantaggiato. Le misure messe in campo dal governo per contrastarla non hanno avuto un effetto significativo.
La seconda ondata, in particolare si è accanita sull'occupazione giovanile e femminile che in Italia è già ampiamente sotto la media degli altri Paesi europei. Il bilancio provvisorio dell'Istat per il 2020 è disastroso. A dicembre, rispetto allo stesso mese del 2019 sono stati persi 444mila occupati, sono cresciuti gli inattivi (482 mila unità). Il calo dell'occupazione è il dato più significativo. Il segnale che il mercato del lavoro è in crisi profonda.
A pagare il prezzo è stata soprattutto l'occupazione femminile, calata di 312mila unità. La perdita di lavoro femminile si è aggravata con la seconda ondata. Sono a dicembre sono stati cancellati 101mila posti di lavoro. Di questi, 99mila erano occupati da donne. Nel complesso il tasso di occupazione scende al 58,0%.
Calano le persone in cerca di occupazione: -5,6%, pari a -137mila. Ma non è una buona notizia. Così come non lo è l'aumento degli inattivi, cresciuti di 42mila unità su novembre e di 482mila unità su dicembre 2019 (+3,6%). In totali ora sono 13.759.000.
«In un anno in cui nessuno doveva perdere il posto di lavoro i dati confermano che non è andata così, e non ci voleva un mago per prevederlo. L'anno si chiude con un indebolimento dei soliti noti: donne e giovani», ha commentato Francesco Seghezzi, presidente dell'associazione Adapt, fondata da Marco Biagi.
Inevitabile mettere in relazione i dati dello scorso anno con le misure decise dal governo. Da Garanzia giovani, che non ha impedito un emorragia di occupati che appartengono alle ultime generazioni, al blocco dei licenziamenti che, da una parte ha frenato le uscite dal mercato del lavoro di tanti lavoratori maturi, ma dall'altra ha scaricato i costi sulle fasce di età e le categorie già ai margini, come appunto donne e giovani.
Per i sindacati i dati confermano la necessità di prorogare lo stop ai licenziamenti. Tiziano Treu, presidente dell'Istat, sottolinea come la disoccupazione giovanile sia, «cresciuta ancora raggiungendo il 29,7%, la più alta d'Europa seconda solo alla Spagna, mentre la perdita di lavoro femminile ha raggiunto cifre insostenibili».
Se il governo Conte II fosse in sella sarebbe il momento giusto per fare un bilancio delle politiche economiche. La crisi ha evitato una vera resa dei conti sull'efficacia delle ricette dell'esecutivo.
Ma non ha impedito al ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, di commentare l'indice Pmi sul manifatturiero rilevato da Ihs Marki, cresciuto oltre le attese a 55,1 punti: «È un ottimo segnale, che denota
anche un clima di fiducia». Nessun commento sul lavoro o sui dati forniti ieri dalla motorizzazione civile secondo la quale a gennaio sono state immatricolate 134.001 unità, in calo del 14% rispetto allo stesso mese del 2020.
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