Perso il Senato, nei Repubblicani accuse a Trump

I Dem vincono anche il Nevada e tengono la maggioranza. Malumori sul tycoon

Perso il Senato, nei Repubblicani accuse a Trump

L'attesa sconfitta si sta progressivamente trasformando per i Democratici in una convincente vittoria, mentre l'annunciato trionfo, sta assumendo per i Repubblicani i contorni di una disfatta. Le vittorie nei seggi senatoriali in palio in Arizona e Nevada confermano per i Dem il controllo del Senato, senza la necessità di dovere attendere il ballottaggio del 6 dicembre in Georgia tra il trumpiano (e finora molto deludente) Herschel Walker e il senatore democratico uscente Raphael Warnock, con il quale potrebbero addirittura rafforzare la loro maggioranza. In Arizona, il Dem Mark Kelly, ex astronauta e marito dell'ex deputata Gabrielle Giffords, gravemente ferita nel 2011 in un attentato a Tucson che fece sei morti, ha sconfitto il finanziere Blake Masters, appoggiato da Donald Trump e foraggiato da Peter Thiel, il cofondatore di PayPal. In Nevada, la Dem Catherine Cortez-Masto, in svantaggio per una manciata di voti fino a sabato mattina, alla fine ha prevalso contro il repubblicano Adam Laxalt.

È un'altra batosta per Donald Trump. Sia Masters sia Laxalt, nel corso della campagna elettorale, hanno ripetuto le false accuse di brogli elettorali nelle elezioni del 2020, il mantra dell'ex presidente e dell'ala «Maga» dei Repubblicani. Un'altra «negazionista» del voto, la candidata trumpiana alla carica di governatore dell'Arizona, Kary Lake, è indietro nel conteggio dei voti rispetto alla democratica Katie Hobbs. Altri «deniers» trumpiani hanno perso la corsa per diventare governatori in Michigan, Pennsylvania e Wisconsin e quella per la carica di segretario di Stato in Arizona, Michigan, Nevada, e in altri Stati. Il voto di midterm, solitamente un referendum sul presidente in carica, si è quindi trasformato in un referendum su Trump. E Trump lo ha perso. Mentre Joe Biden, all'estero per la Cop27, il vertice Asean e il G20 (il 15 c'è il primo bilaterale con Giorgia Meloni), può godersi il suo «victory lap» sui palcoscenici internazionali, il tycoon è arroccato nella sua residenza di Mar-a-Lago, in Florida, lo stato dominato dal suo grande rivale Ron DeSantis, dove sabato è stato costretto a sorridere a favore di fotografi e telecamere per il matrimonio della figlia minore Tiffany. Ma il suo umore rimane quello descritto durante la lunga notte elettorale di martedì: «Furioso».

I mugugni espressi a mezza bocca alla vigilia del voto all'interno del Gop da chi aveva annusato l'aria, come il leader della minoranza al Senato Mitch McConnell, che aveva parlato di candidati trumpiani «inadeguati», col passare delle ore diventano critiche esplicite. «Dobbiamo spiegare agli americani dove vogliamo andare. Gli americani vogliono idee, vogliono un futuro», ha detto domenica al programma «Meet the press» della Nbc il senatore repubblicano della Louisiana, Bill Cassidy. Il messaggio è chiaro: basta pensare alla «vittoria rubata» del 2020, basta con un partito totalmente al servizio delle ansie di rivincita di Trump.

Nemmeno la probabile vittoria risicata alla Camera dei rappresentanti, dove ai Repubblicani mancano al momento 7 seggi per la maggioranza può cancellare l'amarezza per la bruciante sconfitta al Senato. Con la maggioranza nella Camera Alta, Biden potrà, tra l'altro, continuare a controllare le nomine dei giudici, bloccare le iniziative legislative dei Repubblicani e impedire che vengano smontate le leggi varate dall'amministrazione negli ultimi due anni.

I Dem potranno anche confermare la possibile nomina di Nancy Pelosi ad ambasciatrice a Roma, della quale si vocifera da tempo. Un'altra sconfitta per Trump, che col voto di midterm aveva promesso di «mettere fine alla carriera di quella pazza».

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