Un sì a Gian Marco Chiocci al Tg1 in cambio del via libera a Giuseppe Carboni al Tg3. Dopo la rivelazione del pranzo di due settimane fa tra Giuseppe Conte e il direttore dell'AdnKronos, si moltiplicano le ipotesi sulla strategia del leader del M5s in vista delle prossime nomine in Rai. E così, secondo le ultime indiscrezioni, si apprende che le ambizioni di Conte sarebbero ben più grandi della direzione di Rai Parlamento per Carboni, ex direttore del Tg1 vicino ai pentastellati, poi sostituito ai tempi del governo di Mario Draghi. Il tutto rientra nello schema della nuova competizione tra il Pd e i Cinque Stelle. Una sfida che coinvolge anche Viale Mazzini, con Conte che punta al bottino più grosso, ovvero il Tg3, storico feudo dei progressisti.
Ecco il piano dell'avvocato: dare luce verde alla nomina di Chiocci a capo del Tg della rete ammiraglia tramite il voto favorevole in Cda del membro in quota M5s, Alessandro Di Majo, per ottenere l'approdo di Carboni al Tg3 al posto di Mario Orfeo. Così, nelle intenzioni di Conte, Meloni amplierebbe la base politica del sostegno all'ex direttore del Tempo e concederebbe ai grillini la direzione del telegiornale destinato alle opposizioni. Inoltre, stando ai rumors di Palazzo, l'ex premier in questo modo sfilerebbe la poltrona a Orfeo, con il quale non ha mai avuto buoni rapporti.
Vaste programme, direbbe il generale De Gaulle. Il sogno di fare del Tg3 la nuova TeleKabul a Cinque Stelle è tutt'altro che di facile realizzazione. Soprattutto perché Orfeo è apprezzato trasversalmente e - in seconda battuta - per la probabile contraerea che azionerebbe il Pd, che non è affatto disposto a rinunciare di buon grado all'influenza sul Tg della terza rete della Rai. Il dato politico è che la contesa tra i dem e gli stellati si è accesa pure sulle nomine abbordabili per le opposizioni.
La notizia del pranzo tra Conte e Chiocci ha preso alla sprovvista l'entourage dell'avvocato di Volturara Appula.
I più stretti consiglieri del leader del M5s ridimensionano l'incontro tra l'ex premier e il giornalista ex firma del Giornale. Il tutto è ridotto a «normali interlocuzioni di un capo di partito con il direttore di un'agenzia di stampa». «Escludiamo che abbiano parlato di Rai», la smentita di rito.
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