In una maniera o nell'altra, per ragion di Stato, abbiamo sventato il trappolone Almasri rimandandolo a Tripoli, ma è partita in parallelo la seconda fase del piano contro l'Italia. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha dichiarato sugli avvisi di garanzia a mezzo governo: «Non vorrei ci fosse un attacco politico anche con il sostengo di qualcun'altro, all'estero». Husam al-Gomati, oppositore libico, che ha trovato rifugio in Svezia sta pubblicando via Telegram e anche sui social documenti usciti dalla Procura generale libica, che rivelerebbero rapporti inconfessabili fra i servizi segreti italiani, fin dal 2017 ai tempi del governo Gentiloni, di centro sinistra, e trafficanti di esseri umani. In realtà la stessa Procura ha aperto un'inchiesta proprio su questi verbali/deposizioni in arabo, che sarebbero state creati ad arte dai servizi segreti di Tripoli che rispondevano a fazioni non favorevoli all'Italia. Nei documenti vengono citati nomi di presunti agenti italiani, che avrebbero fornito soldi, visori notturni, fucili di precisione a capi milizie come Ahmad Dabbashi, «Al Ammu», a Sabrata per tenere sotto controllo le partenze dei migranti verso Lampedusa. L'allora ministro dell'Interno, Marco Minniti, attraverso il governo di Tripoli aveva aiutato le municipalità come Sabrata, per tamponare l'ondata di 181.337 sbarchi nel 2016 e iniziato a mettere in piedi la Guardia costiera libica. Fare uscire documenti dubbi e manipolati serve a mettere in cattiva luce la nostra intelligence e di riflesso il governo italiano anche oggi.
Non a caso sono stati pubblicati anche le copie dei passaporti diplomatici di quattro agenti, compresa una donna, tutti scaduti, l'ultimo nell'ottobre 2024. Un fatto gravissimo che con foto, nomi, cognomi, date e luogo di nascita mettono in pericolo gli agenti. E ovviamente non poteva mancare il passaporto di Giovanni Caravelli, il direttore dell'Aise, che in effetti si era recato a Tripoli, con il documento spiattellato in rete, nel 2019, in una missione ufficiale per incontrare le autorità governative parlando anche dell'immigrazione illegale. «È il secondo tassello delle manovre contro l'Italia - osserva una fonte qualificata del Giornale - con documenti inattendibili sui quali è stata aperta un'inchiesta dalla stessa Procura libica». I servizi libici avevano buoni rapporti con i francesi e l'attivista al-Gomati è accusato di appropriazione indebita quando si occupava, fra il 2012 e 2013, dello smistamento in Europa dei feriti libici della rivolta anti-Gheddafi. Non solo: dietro le quinte dell'operazione ci sarebbe il miliardario libico Isma'il al-Shtawy, che si è fatto i soldi ai tempi del colonnello, ma si oppone al premier libico Abdul Hamid Dbeibah, pure lui ex di Gheddafi. Al-Shtawy risiede in Egitto ed è in contatto con Al Saadi, il terzo figlio del colonnello riparato in Turchia dopo sette anni di carcere a Tripoli dove sarebbe stato torturato da Almasri. Il cerchio, però, non si chiude: l'arma dell'impennata degli sbarchi è la terza fase del piano scattata grazie al mare calmo, nei giorni dell'arresto e ritorno a Tripoli di Almasri, anche per altri motivi riguardanti la lotta fra fazioni in Tripolitania e il controllo del valico di Ras Ajdir con la Tunisia. Il risultato è che gli arrivi dalla Libia in gennaio risultano quasi raddoppiati rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Solo fra il 19 e il 28 gennaio sono arrivati dalla Tripolitania 2876 migranti. «L'immigrazione illegale è il tema più sensibile per l'Italia - sottolinea la fonte qualificata - E viene cavalcato per creare difficoltà con Tripoli». A ovest della capitale, dove ci sono gli hub della partenze, è tornato in auge la vecchia conoscenza Ahmad Dabbashi, che non si schiera né a favore, né contro il governo Dbeibah, ma sta facendo partire i barconi.
«Dietro al piano per destabilizzare il governo italiano- spiega un'altra fonte del Giornale - ci sono grossi interessi per le esplorazioni dei nuovi giacimenti libici».
L'Eni è in dirittura d'arrivo per lo sfruttamento del campo petrolifero NC7 di al-Hamadah a sud ovest di Zintan e la Total francese sarebbe fuori. La fronte qualificata del Giornale non esclude che «saltino fuori nuovi tentativi di mettere in difficoltà l'Italia».
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