Il piano europeo sui migranti aiuterà solo la Germania. E scorda gli sbarchi in Italia

Non illudiamoci. La presunta nuova consapevolezza dell'Unione Europea sul tema dei migranti non garantirà all'Italia alcun beneficio immediato

Il piano europeo sui migranti aiuterà solo la Germania. E scorda gli sbarchi in Italia

Non illudiamoci. La presunta nuova consapevolezza dell'Unione Europea sul tema dei migranti non garantirà all'Italia alcun beneficio immediato.

Per capirlo basta il piano in quattro punti preparato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen (nella foto) in vista del summit sui migranti al via oggi a Bruxelles.

Per quanto la presidente si sia finalmente affrancata dalle ipocrisie «buoniste» ammettendo che la «maggioranza dei richiedenti asilo non ha bisogno di protezione» il suo piano non contiene misure in grado di aiutare concretamente né l'Italia, né gli altri paesi rivieraschi come Malta, Grecia e Spagna.

La bozza siglata dalla von der Leyen non prevede alcuna modifica del Trattato di Dublino, vera «bestia nera» per le nazioni di primo arrivo condannate, in base alle sue norme, a tenersi i migranti irregolari. E come se non bastasse il documento non fa il minimo accenno a possibili programmi di ripartizione.

Una disattenzione non da poco nei confronti di un'Italia che nel 2022 ha assorbito oltre 105mila migranti, in larga parte irregolari, a fronte di 330mila richiedenti asilo entrati illegalmente nell'Unione. Come se non bastasse il piano sembra studiato soprattutto per far gli interessi della Germania e delle altre nazioni del nord e centro Europa. Un'attenzione che traspare sin dal primo punto incentrato sulla necessità di bloccare i passaggi illegali tra Turchia e Bulgaria definiti «la questione al momento più pressante».

La sottolineatura punta, da una parte, a rassicurare l'opinione pubblica tedesca e, dall'altra, ad assecondare le pretese del cancelliere austriaco Karl Nehammer, arrivato a pretendere la chiusura della «breccia» turco-bulgara con un muro finanziato dall'Unione Europea.

Così all'Italia non resta che consolarsi con la prevista fornitura, sempre al primo punto, di «infrastrutture, equipaggiamenti, droni, radar e altri mezzi di sorveglianza» alla Libia e agli altri paesi del Nord Africa impegnati a prevenire le partenze dalle proprie coste. Ma le prospettive peggiori per l'Italia si nascondono in quel terzo punto in cui si auspica l'entrata in vigore di un «meccanismo permanente e unificato per prevenire lo spostamento illegale dei richiedenti asilo tra paesi dell'Unione Europea».

Il capitolo sembra scritto apposta per punire l'Italia spesso accusata da Parigi e Germania di chiudere un occhio sulle fughe degli irregolari lasciati liberi di raggiungere le frontiere francesi e austriache invece di venir trattenuti nel nostro paese, come previsto dal Trattato di Dublino. E neppure il secondo punto, dedicato alla necessità di favorire i rimpatri dei migranti irregolari, sembra alla fine aiutarci troppo.

L'unico possibile vantaggio arriva dalla proposta di rimpatriare direttamente nei paesi d'origine gli irregolari spostatisi in altre nazioni Ue.

In questo modo un irregolare sbarcato sulle nostre coste, ma transitato illegalmente in Francia non verrebbe più riconsegnato alle nostre autorità, ma portato direttamente nel suo paese. Ma tra dire e il fare c'è, in questi casi, veramente il mare. Lo dimostrano gli appena 70mila rimpatri effettuati annualmente a fronte delle ben 300mila richieste avanzate dai paesi europei.

Anche perché, come insegna l'esperienza, gli accordi sui rimpatri, definiti con i canoni Ue, sono operazioni lunghe e complesse che richiedono

anni. E il tempo sul fronte degli sbarchi è il peggior nemico dell'Italia. Lo dimostrano gli oltre seimilacinquecento sbarchi registrati dall'inizio dell'anno. Più del doppio di quelli contati nello stesso periodo del 2022.

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