Dopo le Ong, le imbarcazioni militari Ue. Salvini non intende fare passi indietro rispetto a quanto annunciato ieri e ribadito oggi, ovvero che "le navi delle missioni internazionali (Themis, Triton, Sophia) non devono arrivare tutte in Italia".
L'obiettivo del ministro dell'Interno in tema di immigrazione sembra quello di rivedere tutti gli accordi messi in campo in questi anni dai governi che l'hanno preceduto. E non solo nella gestione delle imbarcazioni umanitarie, ma anche di quelle finanziate dall'Ue e in parte coordinate proprio dall'Italia.
Dopo lo scontro con il ministro della Difesa Trenta, che ha rivendicato la competenza in tema di missioni internazionali, oggi sono stati i politici dalle parti di Bruxelles a lanciare un messaggio al ministro italiano. La portavoce della Commissione Europea per le Migrazioni, Natasha Bertaud ha spiegato infatti che per quanto riguarda le operazioni Themis, EunavForMed e Sophia, "è il Paese che coordina il soccorso che è responsabile per la designazione del posto in cui può avvenire lo sbarco". Ma "non è necessariamente il Paese ospite", cioè l'Italia, a dover accogliere le persone salvate in mare, come successo con l'imbarcazione irlandese nei giorni scorsi.
"Abbiamo l'operazione Themis e l'operazione Sophia che operano nel Mediterraneo Centrale - ha spiegato la portavoce - Sono entrambe state designate con le autorità italiane, su loro richiesta e con il loro accordo". Per quanto riguarda l'operazione Themis, lanciata all'inizio di febbraio, l'Ue fa sapere che "lavora sulla base di un piano operativo concordato tra la Guardia di frontiera e costiera europea (Frontex, ndr), gli Stati partecipanti e le autorità italiane". In questo caso, "l'Italia è il Paese ospite - ha continuato la Bertaud - ed è l'Italia a decidere dove gli sbarchi delle persone soccorse hanno luogo". Simile il discorso per l'operazione Sophia che "è stata lanciata per spezzare il modello di business dei trafficanti criminali che lavorano nel Mediterraneo Centrale". In questo caso "gli asset di Sophia possono anche essere coinvolti in operazioni di ricerca e soccorso, come qualsiasi altra nave, quando richiesti dal Centro di coordinamento del soccorso in mare. L'Italia è anche in questo caso il Paese ospite della missione e, se operazioni di ricerca e soccorso avvengono, è chi coordina l'operazione che è responsabile della designazione di un porto di sbarco". Ma designare un porto dove inviarli, non significa che l'Italia debba prenderli nei suoi porti.
Questo almeno nella pratica. Ma come spiegarlo dal ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, nei fatti la questione è più complessa. E sembra dare ragione a Salvini. "Nell'ambito dell'operazione Sophia - ha detto - è stato adottato il meccanismo relativo a Triton, che prevedeva l'Italia come porto di sbarco per persone salvate nella zona che dipendeva dal comando italiano. Triton è stato sostituto da Themis e nel quadro di Themis questo legame immediato con i porti italiani non è più espresso, tuttavia il regime transitorio si basa ancora su Triton, in questo senso è nostra intenzione presentare al competente comitato a livello di Unione europea l'adeguamento dell'operazione Themis, anche dal punto di vista del quadro operativo". Insomma, a parole non è l'Italia a doverli prendere. Ma per ora, nei fatti, è ancora così. A confermarlo sono fonti dell'Ue all'Agi, secondo cui "il porto di sbarco e luogo sicuro" in caso di salvataggio di migranti in mare "debba essere in Italia" perché "Operazione Sophia continua a seguire l'accordo operativo".
Ecco, dunque, perché Salvini anche oggi ha ribadito che "resta l'idea di ridiscutere gli accordi internazionali che i Governi precedenti a guida Pd avevano sottoscritto, destinando tutti allo sbarco in Italia. Non è possibile che tutti coloro che vengono salvati arrivino in Italia". Tanto che, secondo quanto fanno trapelare fonti governative, Conte e il vicepremier avrebbero definito una strategia comune da tenere al prossimo consiglio di Innsbruck. La linea italiana, oltre a puntare sul "no all'ingresso in Italia dei cosiddetti movimenti secondari", sul "rafforzamento della protezione delle frontiere esterne" e su un "serio ricollocamento europeo dei richiedenti asilo", prevede anche il "ripensamento sulle varie missioni europee in particolare sulla parte che prevede che chi viene salvato sia portato automaticamente in Italia".
Bruxelles dal canto suo fa sapere che l'Italia potrà richiedere le modifiche agli accordi e proporre una "revisione strategica" di Sophia, ma "serve l'unanimità" dei 28 Stati membri per arrivare a un diverso
dispositivo delle imbarcazioni impegnate in Eunavfor Med. "Entrambe le operazioni - ha detto la portavoce della Commissione Ue, Natasha Bertaud - hanno un mandato che è cambiato nel passato e che può essere cambiato nel futuro".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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