Il fuoco amico su Giuseppe Conte e Roberto Speranza (nella foto) si materializza nella commissione Covid: «Se l'Italia l'avesse applicato avremmo avuto molti meno morti». L'epitaffio sul governo giallorosso è del presidente della fondazione Gimbe Sergio Cartabellotta, che quattro anni fa era l'ascoltatissimo esperto su curve e contagi. Nessuno ha mai pagato per questa scelta «politica» costata, lo dice Gimbe, migliaia di morti. L'inchiesta della Procura di Bergamo si è arenata sul reato di mancata prevenzione e sul mancato nesso eziologico tra mancata Zona Rossa della Bergamasca, epicentro della pandemia - su cui c'è il segreto di Stato - e aumento della mortalità, altissima nonostante green pass, obbligo vaccinale e due lockdown. «Il primo andava deciso subito», dice il numero uno Gimbe, non con quel balletto di proclami che agevolò la diffusione del virus perché nottetempo in migliaia si spostarono dal Nord a Sud e viceversa. «Se avessimo avuto scorte di Dpi sicuramente la mortalità sarebbe stata abbattuta. Ma non c'era nulla», ripete Cartabellotta. Le raccomandazioni Oms dopo la pandemia Sars del 2004 sono state aggirate dalle false attestazioni sulla nostra preparedness, come scoprirà l'indagine. Per non parlare delle mascherine farlocche sdoganate benché inutili eppure strapagate (con commissioni milionarie) dal commissario Domenico Arcuri, presto graziato dall'abolizione dell'abuso d'ufficio.
E se una pandemia scoppiasse oggi? Intanto c'è il PanFlu contro i virus respiratori, con un sistema capillare di sorveglianza basato su medici, pediatri e laboratori, coordinato dall'Iss. «Ma il Servizio sanitario non sarebbe in grado di fronteggiarla: è più debole e molto meno resiliente». Eccola, l'eredità di Speranza. Che contagia anche il Piano pandemico 2024/2028, in attesa di approvazione.
Malamente il Fatto dice che è colpa del ministro della Salute Orazio Schillaci e che non esiste un sistema di sorveglianza e allerta rapida, dimenticando le grane lasciate da Speranza sulle chiusure, come emerge da un documento inedito nel quale i tecnici scrivevano che serviva - giustamente - una legge del Parlamento, non solo un atto tecnico. Ricercatori e clinici del Dipartimento di prevenzione sono al lavoro per limare le ultime modifiche al Piano prima della Conferenza delle Regioni. Ma bisogna fare presto.
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