Maggio 2019 si avvicina e gli schieramenti sono (quasi) ai blocchi di partenza. Mancano alleanze ufficiali, ma è evidente che le elezioni europee saranno il banco di prova dei sovranisti Ue. Salvini, Meloni, Le Pen, Orban e chi più ne ha più ne metta lo sanno bene e dopo i vari incontri bilaterali ora è tempo di darsi un obiettivo.
Nei mesi scorsi si era parlato di una possibile candidatura di Salvini alla guida della lista sovranista. Lui per ora glissa e si dice contento di sedere dietro la scrivania dell'ufficio più prestigioso del palazzo del Viminale. Ma in politica il tempo scorre più in fretta di quanto ci si aspetti e la valanga degli eventi può investire chiunque. Ora il leghista pensa al "matrimonio" governativo con Di Maio ("con loro ora e in futuro", dice) ed è difficile immaginare che alle europee i due partiti possano andare insieme. I grillini si troverebbero a dividere gli scranni con Le Pen e la cosa li alieta molto. Di certo il M5S cercherà di federare attorno a sé liste di altri Stati Ue più affini al loro paradigma culturale e politico (tipo i finlandesti di Muutos). Il problema per Luigino è che mentre gli alleati di Salvini sono apprezzati tra i rispettivi elettorati, i suoi non hanno mai eletto un eurodeputato. E non è detto che inizieranno a farlo a maggio.
Ecco perché bisognerà guardare al post-elezioni, quando a Bruxelles potrebbe verificarsi quanto già successo a Roma. La creazione di una alleanza "del cambiamento" non è così peregrina. A ottobre l'eurodeputato del M5S Andrea Valli aveva lanciato il sasso e mostrato pure la mano. Se il "progetto" grillino si dovesse "sgretolare" per mancanza di eletti da parte dei partiti alleati negli altri Paesi, allora l'unica opzione in mano ai Cinque Stelle sarebbe quella di guardare al fronte sovranista che - diceva - "diventerebbero la nostra opzione". Unire i sovranisti coi grillini significherebbe aumentare la potenza (nel senso di deputati eletti) degli anti-europeisti. Un modo per dare il La al "terremoto politico" previsto dai due vicepremier italiani.
Ma per portare a compimento il progetto non basta vincere le elezioni. Occorre anche nominare i Commissari giusti. Ecco perché, parlando all'assemblea generale di Alis a Roma, Salvini ha indicato a tutti (leghisti e non) l'obiettivo che si sta ponendo per la fase che si aprirà subito dopo le europee. "Io penso che il governo del cambiamento - ha spiegato - dovrà andare a Bruxelles per indicare un commissario europeo che si occupi di economia e di lavoro, perchè di questo ha bisogno l'Italia". Tradotto: il ministro dell'Interno punta alla poltrona oggi detenuta da Pierre Moscovici (Affari economici), quella di Valdis Dombrovskis (Stabilità finanziaria) oppure la sedia di Gunther Oettinger (Bilancio) e Jyrki Katainen (Occupazione). Guarda caso i più critici verso la manovra gialloverde.
Il motivo è semplice: per segnare un cambio di direzione in Ue il governo del cambiamento (e "l'Italia", direbbe Salvini) devono conquistare gli scranni che contano in tema economico. Non gli inutili Affari Esteri ottenuti da Renzi per la Mogherini. Serve pesare sul tema che, alla fine dei conti, influisce su tutte le scelte politiche nazionali e europee.
Basti pensare al braccio di ferro tra il governo e Bruxelles sulla manovra. Se al posto di Moscovici ci fosse stato un commissario indicato da Roma cosa sarebbe successo? Il dialogo sarebbe forse più sereneo. E l'austerità, si augura il leghista, solo un cattivo ricordo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.