Nel «piano nazionale di emergenza» tenuto segreto dal governo per non allarmare la popolazione erano previsti tre possibili scenari e il peggiore prevedeva tra i 600mila e gli 800mila morti solo in Italia. A parlare è Andrea Urbani, direttore generale della Programmazione sanitaria, che al Corriere della sera ha raccontato come già da metà gennaio «avevamo pronto un piano secretato e quel piano abbiamo seguito. La linea è stata non spaventare la popolazione e lavorare per contenere il contagio» attraverso le zone rosse e le altre misure di contenimento. Il ministro della salute, Roberto Speranza, commenta: «È un merito aver approfondito i possibili scenari e le eventuali azioni da mettere in atto già dal 12 gennaio, quando in Italia c'erano tre casi e il Centro europeo per la sorveglianza e il controllo delle malattie considerava bassa la possibilità di diffusione del contagio».
La vicenda ha scatenato una vivace reazione da parte del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, per bocca del presidente, il leghista Raffaele Volpi, che ha fatto sapere di voler acquisire il documento e ascoltare Speranza e il generale Gennaro Vecchione, direttore del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, su questo tema e sulla app «Immuni». Battaglia politica anche del vicepresidente del Copasir, Adolfo Urso, primo firmatario di un'interrogazione del gruppo al Senato di FdI al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Urso chiede al premier anche di attivarsi formalmente per richiedere alle autorità cinesi «una completa trasparenza», come fanno altre nazioni quali Usa, Germania, Francia e Gran Bretagna.
Tutto ciò mentre il presidente della Regione Lombardia, il leghista Attilio Fontana, fa sapere di aver già scritto al presidente Conte «per avere chiarimenti». La Regione, dice Fontana, era all'oscuro: «Non c'è stato alcun coinvolgimento». Fontana ha aggiunto che il componente «lombardo» del comitato istituito presso palazzo Chigi, Alberto Zoli, direttore di Areu, l'Azienda di emergenza e urgenza della Regione Lombardia, non gli avrebbe mai riferito nulla del proprio lavoro nel Comitato tecnico scientifico della presidenza del consiglio dei ministri, anche perché «l'incarico era di natura strettamente riservata».
La Lombardia è sotto osservazione, tra inchieste e critiche politiche, per la gestione dell'emergenza. A metterla sotto accusa anche la Finmg lombarda, la federazione dei medici di medicina generale, cioè medici di famiglia e guardie mediche, in prima linea nell'assistere i pazienti, soprattutto quando non è stato per loro possibile il ricovero.
La Finmg parla di «assoluta inconsistenza dei contenuti del documento sulla fase 2, di recente approvato dal Consiglio regionale della Lombardia» sulla riorganizzazione del sistema sanitario, che lascerebbero «immutate le criticità risultate evidenti, dolorosamente», nella gestione della pandemia. La segretaria lombarda Paola Pedrini registra poi «l'incapacità di analisi della situazione e soprattutto l'assenza di un'analisi degli errori».
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