Il piano di Washington per "pensionarle" Maduro: un'amnistia in cambio della rinuncia al potere

Colloqui segreti per cancellare l'incriminazione al leader chavista. Che apre al dialogo ma chiede: "Non interferite negli affari interni"

Il piano di Washington per "pensionarle" Maduro: un'amnistia in cambio della rinuncia al potere
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A quasi due settimane da quando Nicolas Maduro ha rivendicato la rielezione per il terzo mandato nonostante quelle che gli Stati Uniti e altri paesi hanno definito «prove schiaccianti» di una massiccia vittoria dell'opposizione, il futuro del Venezuela rimane nel limbo.

Secondo tre fonti informate del Wall Street Journal, tuttavia, Washington starebbe portando avanti colloqui segreti per «spingere il leader di Caracas a rinunciare al potere in cambio di un'amnistia». Il quotidiano sottolinea che «gli Usa hanno discusso la grazia per il presidente venezuelano e i suoi principali luogotenenti che sono stati incriminati dal Dipartimento di Giustizia». E una delle persone a conoscenza delle mosse all'amministrazione di Joe Biden ha detto che hanno messo «tutto sul tavolo» per convincere Maduro a lasciare il Paese prima della scadenza del suo mandato a gennaio.

Un'altra fonte, invece, ha precisato che gli Stati Uniti sarebbero aperti a fornire garanzie per non perseguire determinati membri del regime per l'estradizione, dopo che nel 2020 avevano annunciato una ricompensa di 15 milioni di dollari per informazioni che portassero all'arresto di Maduro con l'accusa di aver cospirato con i suoi alleati per inondare l'America di cocaina. Un portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca si limita ad affermare che gli Usa sostengono gli sforzi internazionali per chiedere trasparenza sul risultato del voto, e «determineranno i prossimi passi in base ai nostri interessi nazionali», ma i colloqui rappresentano un barlume di speranza per l'opposizione venezuelana, che ha meticolosamente raccolto i conteggi degli elettori secondo cui il suo candidato, l'ex diplomatico Edmundo González, ha vinto con una valanga di voti (e uno scarto di oltre 38 punti percentuali) alle elezioni del 28 luglio.

Anche Brasile, Messico e Colombia sono coinvolti nel tentativo di risolvere lo stallo, e i funzionari statunitensi vogliono che questi Paesi, governati da leader di sinistra favorevoli a Maduro, adottino una posizione più dura rispetto alla quella attuale, in cui si limitano a fare pressione affinché presenti le prove della sua vittoria. Per il Wsj, peraltro, l'azione internazionale potrebbe essere l'unica via per cacciare il leader di Caracas. E il tentativo americano di offrirgli un'opzione che gli consenta di salvare la faccia si sposa con la strategia dell'opposizione di favorire negoziati che includano garanzie per i leader del regime e una transizione verso un governo González.

Washington aveva presentato un'offerta di amnistia a Maduro anche durante negoziati segreti a Doha, in Qatar, l'anno scorso, ma lui - stando a diverse fonti - ha rifiutato di discutere accordi in base ai quali avrebbe dovuto lasciare l'incarico. Una persona vicina al regime ha affermato che la sua posizione per ora non è cambiata: Maduro ha affermato in alcune occasioni di essere aperto ai colloqui se gli Stati Uniti gli dimostrano rispetto, ma in una conferenza stampa venerdì li ha avvertiti di «non intromettersi negli affari interni del Venezuela». Il leader diffida di Washington indipendentemente da chi sia alla Casa Bianca, nonostante l'amministrazione Biden abbia revocato la maggior parte delle sanzioni economiche nella speranza di promuovere elezioni libere ed eque.

Tuttavia, una eventuale vittoria di Donald Trump alle presidenziali di novembre

potrebbe far franare definitivamente i colloqui se il tycoon riprendesse le politiche aggressive iniziate nel 2019, quando impose misure restrittive sul petrolio e sostenne il governo ombra venezuelano per rovesciare il regime.

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