Prosciolto sì per intervenuta prescrizione ma non fu innocuo il reato di falso commesso da Giuseppe Sala, ex commissario unico di Expo, nel firmare, il 31 maggio 2012, due atti ideati per sostituire altrettanti componenti della commissione aggiudicatrice della gara per l'appalto della Piastra dei servizi dell'Esposizione Universale del 2015. È quanto scrivono i giudici della Corte d’Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza pronunciata lo scorso 21 ottobre al termine del processo di secondo grado, dopo che l’attuale sindaco di Milano era stato condannato nel luglio del 2019 a 6 mesi di carcere, convertiti in una multa di 45mila euro.
Il collegio Martini-Gazzaniga-Lai della quarta penale nel sottolineare “la pacifica falsità della data posta sugli atti” ha respinto la tesi difensiva di Beppe Sala del falso innocuo. "Questa retrodatazione - aveva sostenuto l’avvocato Salvatore Scuto - cade in un arco di tempo che non inficia assolutamente la regolarità della procedura”. Di parere opposto i giudici: “Il falso può essere ritenuto innocuo quando attiene ad un aspetto dell’atto del tutto privo di rilievo ai fini della valutazione del suo contenuto e del relativo valore probatorio" e nel caso di specie “la relativa falsità non può essere pertanto essere ritenuta priva di offensività e di concreto disvalore penale”.
Non ha retto neanche in Appello la versione di Beppe Sala con cui ha cercato di chiamarsi fuori dicendo già ai giudici di primo grado di non “aver guardato la data” quando ha firmato le carte preparate dallo staff per sostituire i due componenti della commissione per assegnare il più grande appalto di Expo 2015.
Per i giudici infatti “basta esaminare visivamente” gli atti per notare che la data era apposta “in stretta prossimità della sottoscrizione”. “Non è in ogni caso credibile - rileva il collegio - che allora commissario unico di Expo “non ha prestato attenzione”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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