«Il 7 ottobre è solo l'inizio», Parola del segretario della Cgil, Maurizio Landini, che ieri in un'intervista al Corriere ha fondamentalmente ribadito che senza lui l'opposizione al governo Meloni non esiste. La manifestazione in calendario tra due mesi, infatti, ha una connotazione tutta politica. La manovra verrà annunciata una settimana dopo (il 15 ottobre è il termine per l'invio a Bruxelles) e, dunque, una protesta «a scatola chiusa» pare quantomai fuori luogo.
«I diritti fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione sono oggi tutti messi in discussione: il lavoro è precario e sotto pagato; il diritto alla salute e alla cura e allo studio non sono più garantiti; si nega la crisi climatica e si aumentano le spese per armi e si vuole stravolgere la Carta con l'autonomia differenziata e il presidenzialismo», ha dichiarato. Un pot pourri di tematiche molte delle quali non sono prettamente attinenti alla rappresentanza dei lavoratori.
Si comprende bene che Landini ha una gran voglia di fare (e guidare) un'opposizione preventiva, a prescindere. «È il momento di dire basta e indicare una via maestra fondata sulla giustizia sociale e la partecipazione democratica», ha aggiunto rimarcando che «non si delinea solo una crisi economica ma anche democratica e di credibilità». E in questa protesta politica il segretario ha toccato due temi che in Parlamento sono stati agitati da Pd e M5s. «Il governo, da un lato, taglia il reddito di cittadinanza e non offre un percorso di occupazione», ha rimarcato. Dall'altra parte, ha proseguito, «fa votare in Parlamento una legge delega fiscale che va nella direzione opposta di quello di cui questo Paese ha bisogno».
Per ora, l'obiettivo è uno solo: lo sciopero, possibilmente generale. «In settembre faremo una consultazione straordinaria tra lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati cui chiederemo cosa pensano delle nostre proposte e se sono disposti a sostenerle, fino allo sciopero». Parole che, nonostante le smentite (anche al Corriere), preludono a una discesa in campo. Tre interviste in una settimana è una media da candidato alle elezioni e non da leader sindacale.
Eppure proprio il terreno sul quale dovrebbe giocare «in casa» rischia di diventargli ostile. L'attivismo landiniano ha già creato un'evidente frattura con la Cisl giacché il segretario Luigi Sbarra non perde occasione per criticare queste sortite intempestive che rischiano di indisporre il governo alla vigilia del rush finale su detassazione dei salari e flessibilità delle pensioni. «L'opposizione politica bisogna lasciarla fare ai partiti: il nostro mestiere è quello di contrattare sempre per conquistare risultati e dobbiamo farlo con gli interlocutori che ci sono non con quelli che vorremmo», ha dichiarato recentemente. Il problema è che il magnetismo di Landini sta attirando verso il sindacato di Corso Italia anche la Uil di Pierpaolo Bombardieri che ha appoggiato il ddl sul salario minimo al punto tale da criticare apertamente Sbarra (che, ovviamente, ha replicato sottolineando l'irrilevanza di un sindacato che ha abbandonato la matrice riformista).
E non è un caso che proprio sul tema ieri si sia espresso il capogruppo alla Camera di Fdi, Tommaso Foti.
Al reddito di cittadinanza era contrario non solo il Pd Ad essere contrario ma «c'era anche Landini, un altro di quelli che oggi invocano la rivoluzione: o sono tutti la fata smemorina o sono in malafede». Perché, ed è il suo ragionamento, «l'opposizione spera nel caos che porti a un governo tecnico» dal quale hanno tutti qualcosa da guadagnare. Anche Landini.
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