In piazza il dramma degli autonomi: "Ormai siamo alla fame"

Doppia manifestazione a Roma. Sangalli (Confcommercio): "Indennizzi insufficienti"

In piazza il dramma degli autonomi: "Ormai siamo alla fame"

C'è gente che piange, che si struscia gli occhi di continuo, che sospira senza sosta. C'è chi grida la sua rabbia di fronte alla polizia in tenuta anti sommossa. Sono partite Iva, ristoratori, titolari di palestre, commercianti. Persone, prima di tutto, rimaste senza lavoro a causa dell'emergenza Covid e delle chiusure che da un anno ingessano l'economia italiana senza che nessuno muova un dito per loro. Perché i fondi non sono mai arrivati e c'è chi è sul lastrico. «Veniamo da tutta Italia - spiega Angelo Di Stefano, coordinatore nazionale delle Partite Iva - e abbiamo già fatto circa 35 manifestazioni. È tutto un indotto al collasso. Il turismo è ko. Io faccio forniture alimentari. Stiamo buttando tanta di quella roba che neanche immaginate, non riusciamo a vendere niente. Noi volevamo andare a Montecitorio a protestare, perché la gente è stanca. Mai come adesso la politica è distante dal mondo produttivo». E prosegue: «Ci sono crolli di fatturato dal 30 al cento per cento. Siamo nel dopoguerra. Non ci vuole un genio per capire che ci saranno grossi problemi perché ne scaturirà una crisi economica inevitabile». E sui violenti dell'altro ieri in piazza: «Guardateci, noi siamo gente perbene. C'erano degli infiltrati, li avete visti anche voi. Noi ci dissociamo». In effetti ieri, senza CasaPound, vicina solo a «IoApro», tutto è andato bene, fatta eccezione di alcuni istanti in cui la polizia è dovuta intervenire per sedare qualche animo troppo infuocato.

I momenti di tensione si sono creati solo perché a chi protestava veniva impedito l'accesso a un centro totalmente blindato dalla forze dell'ordine. Molti manifestanti sono stati bloccati ai caselli autostradali o alla stazione Termini.

«Io vengo da Palermo - spiega Filippo Accetta -, faccio le fiere. Dopo 14 mesi ci siamo accorti che le nostre risorse economiche sono state completamente distrutte. Noi non vogliamo aiuti, vogliamo solo riaprire e guadagnare con il nostro lavoro, perché il lavoro dà dignità. Il governo ce l'ha tolta». E tiene a dire: «Chi tira le bombe carta non fa parte di noi. È gente violenta con la quale non vogliamo avere niente a che fare». C'è Chiara, ex titolare di un bar a Empoli che grida esasperata rivolgendosi alle forze dell'ordine: «Noi non ce l'abbiamo con voi. Siete padri di famiglia, ma ascoltate il nostro grido. Ascoltate il nostro dolore, non riusciamo più a sfamare i nostri figli». E un altro manifestante: «Il compito della polizia è difenderci. Loro sono là per lavorare e noi possiamo solo rispettarli».

C'è un padre di tre figli, titolare di palestra, che da tre mesi dorme nel suo centro fitness. È anche lui esasperato, urla il suo dolore. La manifestazione organizzata da «Una volta per tutti» ha preso il via alle 11 ed è terminata nel primo pomeriggio.

Una delegazione nel pomeriggio ha incontrato il sottosegretario Deborah Bergamini a Largo Chigi. Secondo i dati della questura, diversi sono comunque i soggetti identificati negli ultimi due giorni.

«Ci impegniamo sugli indennizzi a fondo perduto, che non sono sufficienti e che devono essere rafforzati per dignità e per giustizia», ha detto il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, nel corso del suo intervento ieri all'assemblea Fipe in Piazza s.

Silvestro a Roma, ricordando che «ci siamo battuti sempre per essere ascoltati, perché se non si sopravvive oggi, non c'è futuro domani. «Ci siamo impegnati per spostare a lungo termine tutti quei costi, oggi insostenibili, che gravano sulle imprese. Pensare al domani significa soprattutto non mollare oggi», ha concluso.

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