Il Piccolo Diavolo ora odora di sagrestia

C'era una volta l'"oscurantismo clericale" contro il quale il Partito comunista combatteva vigorosamente

Il Piccolo Diavolo ora odora di sagrestia
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C'era una volta l'«oscurantismo clericale» contro il quale il Partito comunista combatteva vigorosamente, al fine di affermare la superiorità dei Lumi rispetto alla «superstizione» religiosa. C'era una volta l'oscurantismo clericale con i suoi catechismi, regole, regolette, regolone, scomuniche, peccati: una fitta rete di divieti per intrappolare le energie rivoluzionarie e sedarle con una forte dose «oppio dei popoli» ovvero di speranza in una ricompensa dopo la morte. C'erano una volta Don Camillo e Peppone, il parroco e il sindaco, il democristiano e il comunista, l'acqua santa e il diavolo, quello che parlava con la Croce e quello che parlava col busto di Stalin. C'era una volta Roberto Benigni che scherzava con Giovanni Paolo II, chiamandolo «Wojtylaccio», espressione al limite della scomunica. C'era una volta perfino il «pastore tedesco», una bestia nera della sinistra, Benedetto XVI, il pontefice-filosofo che sfidava il nichilismo e il relativismo degli intellettuali.

Ora il piccolo diavolo è diventato un (forse ateo) devoto e domenica si è esibito davanti al Papa. Benigni era lieto di essere stato invitato alla Giornata mondiale dei bambini. Il comico ha fatto un discorso serio serio, diciamo una predica neanche troppo laica, quasi indistinguibile da quella del vero Papa. Il quale non è più un «Francescaccio» ma un «Bergoglio Jorge detto Francesco», come l'ha chiamato Benigni «pregandolo» di candidarsi alle elezioni. Addirittura il comico ha ripetuto il famoso invito di Giovanni Paolo II, altro che «Wojtylaccio», e ha esortato i bambini: «Non abbiate paura!».

Quanto zucchero, Roberto: «Oggi siamo tornati tutti bambini, e il più piccolo è Papa Francesco, che ha tre anni e tanti, tanti, tanti giorni, è un bambino, è puro, ha la purezza, se venite a mezzanotte ha un'aura luminosa una luce intorno, come Campanellino di Peter Pan, ha la polvere di fata anzi la polvere di Papa». E ancora, alla platea: «Ognuno di voi è il protagonista di una storia che non si ripeterà più. Siete voi gli eroi della vostra vita». Infine ha baciato Bergoglio, infrangendo un tabù: toccare il Papa.

In questa trasformazione, forse, si manifesta, in piccolo, una parte della storia d'Italia. La sinistra, abbandonata ogni vecchia battaglia di bandiera, cerca nuove bandiere sotto le quali schierarsi e le trova nelle istituzioni che un tempo voleva abbattere. Se non può vincere nelle urne, può vincere nella burocrazia e nei quadri intermedi. La sinistra finisce con il coincidere con lo Stato. Chi è di destra non fa parte della Repubblica.

La sinistra è passata dalla contestazione all'integrazione nella società; dalla rivoluzione socialista alla restaurazione socialdemocratica; dalla trasgressione nel privato al perbenismo LGBTQ+; dal pacifismo (stalinista) alla guerra giusta sotto l'ombrello della Nato; dai Lumi ai ceri. È un cammino a ritroso, di per sé non del tutto negativo, al termine del quale resta solo la delegittimazione dell'avversario.

La Chiesa incassa l'inatteso consenso e ringrazia ma corre un rischio: omologarsi al tempo presente equivale, per qualcuno, ad abbandonare o mettere l'eterno tra parentesi.

In tal senso i critici hanno gioco facile a sottolineare anche una certa libertà di linguaggio da parte del pontefice stesso che, in un incontro a porte chiuse, si sarebbe lamentato dell'eccesso di «frociaggine» nei seminari. Condizionale d'obbligo ma l'aneddoto è considerato plausibile almeno dal sito Dagospia e altri media. Non sarà meglio lasciare il «campo largo» alle anime inquiete della sinistra neo-cattocomunista?

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