Crescita inferiore alle (pessime) previsioni di qualche settimana fa. Più di una impresa su tre a rischio chiusura, con 3,6 milioni di posti di lavoro che traballano; un terzo degli italiani in crisi di liquidità. La nostra economia va talmente male che la prospettiva di un autunno italiano nero diventa uno spot per convincere anche i paesi europei più recalcitranti ad approvare il recovery plan.
Ieri al bollettino economico post pandemia si è aggiunta una serie di previsioni negative firmate da osservatori di peso: la Commissione europea, l'Ocse, l'Istat e Bankitalia.
I risultati dell'Indagine straordinaria sulle famiglie italiane nel 2020 condotta dalla Banca d'Italia giustificano le affermazioni del ministro dell'Economia Roberto Gualtieri che nei giorni scorsi aveva evocato «rivolte sociali» per l'autunno. Oltre la metà degli intervistati ha dichiarato di avere subito una riduzione del reddito familiare, anche considerando gli aiuti ricevuti. Per il 15% il calo è stato di oltre la metà. Particolarmente colpiti i lavoratori autonomi: l'80% ha subito un calo e per il 36% è stato di oltre la metà del reddito.
La metà degli italiani si aspetta una ulteriore riduzione del reddito, più di un terzo dichiara di disporre di risorse finanziarie liquide sufficienti per meno di 3 mesi a coprire le spese per consumi essenziali. Il 40% dichiara di avere difficoltà a pagare le rate del mutuo (ma solo un terzo intende fare ricorso alla moratoria). Il 30% dichiara di non potere andare in vacanza.
Ai problemi di sempre dell'Italia si aggiungono gli effetti della pandemia e stando alle previsioni estive della Commissione europea il colpo sulla ricchezza creata quest'anno sarà pi grave del previsto. «L'epidemia di Covid-19 e le relative misure di contenimento hanno spinto l'economia italiana in una profonda contrazione».
Il Pil italiano nel 2020 subirà una contrazione dell'11,2% (contro l'8,1% del Def) per poi rimbalzare a +6,1% nel 2021 (in questo caso previsione più ottimista di quella del governo, 4,7%). Le stesse stime precedenti della Commissione erano migliori: - 9,5% nel 2020 e più 6,5% il prossimo anno. È il peggior calo dell'Eurozona. Una ripresa è attesa dal terzo trimestre «in assenza di una seconda ondata di infezioni».
Gli altri se la passano meglio. Le previsioni di crescita per l'area dell'Euro sono meno 8,7% quest'anno e più 6,1% nel 2021. Per il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis l'Impatto della pandemia e delle misure di contenimento, «è più grave di quanto avevamo inizialmente previsto. Continuiamo a navigare in acque agitate e siamo esposti a molti rischi».
Il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni ha evocato una crisi devastante» e una «recessione a doppia cifra nell'Eurozona». Quindi un destino simile a quello dell'Italia. Per questo, e per evitare che si accentuino le «divergenze» tra le economie europee serve al più presto un accordo sul Recovery Plan, perché il peggior nemico della ripresa è «l'incertezza».
Anche l'Italia tenta il rimbalzo. L'Istat ha registrato «i primi segnali di ripresa dei ritmi produttivi». Sono andate bene le vendite al dettaglio di maggio, con un aumento rispetto ad aprile del 24,3% in valore e del 25,2% in volume.
Ma le ferite della pandemia restano profonde e il 38,8% delle imprese italiane (pari al 28,8% dell'occupazione, circa 3,6 milioni di addetti) sostiene ci siano condizioni «che ne mettono a rischio la sopravvivenza nel corso dell'anno». Il pericolo di chiudere l'attività «è più elevato tra le micro imprese (40,6%, 1,4 milioni di addetti) e le piccole (33,5%, 1,1 milioni di occupati) ma assume intensità significative anche tra le medie (22,4%, 450 mila addetti) e le grandi (18,8%, 600 mila addetti)».
Le ripercussioni sull'occupazione sono certe. L'Italia, secondo l'Ocse, è tra i paesi più colpiti dalle conseguenze economiche del coronavirus.
Entro la fine del 2020, ci sarà il picco della disoccupazione, al 12,4%. L'Italia deve «agire rapidamente». Il rischio è che il coronavirus spazzi via «quattro anni di lenti miglioramenti». I problemi, insomma, sono cresciuti con la pandemia, ma esistevano già prima.
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