La recessione italiana nel 2020 potrebbe concretizzarsi in un calo del Pil compreso tra il 9 e il 13 per cento. La stima del disastro che il nostro Paese deve affrontare è stata effettuata dal governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ieri nel corso delle Considerazioni finali. In particolare, ha sottolineato, lo scenario più negativo «in merito all'evoluzione dell'epidemia, all'entità del calo del commercio mondiale e all'intensità del deterioramento delle condizioni finanziarie» pregiudicherebbe anche la ripresa che «nel 2021 sarebbe molto più lenta».
Il numero uno di Palazzo Koch ha solo anticipato di una decina di minuti i dati ufficiali dell'Istat che ieri ha rivisto al ribasso la stima del Pil del primo trimestre al -5,4% annuo, il dato peggiore dall'inizio della serie storica nel 1995. D'altronde, nella Relazione annuale sul 2019 di Bankitalia si osserva come l'emergenza coronavirus abbia devastato il Paese. «La metà delle famiglie italiane ha subito un calo del proprio reddito a causa della crisi» nonostante i trasferimenti e i sussidi del governo. A causa del Covid-19 le imprese italiane subiranno nell'intero 2020 un calo del fatturato pari al 26 per cento.
Visco ha tuttavia precisato che «la sostenibilità del debito pubblico non è in discussione» perché il suo elevato livello in rapporto al Pil è alimentato dal basso potenziale di crescita del Paese che «al tempo stesso ne frena l'aumento». Ecco, perché il governatore ha evidenziato la necessità di sciogliere nodi strutturali «per riportare la dinamica del prodotto intorno all'1,5%». In primo luogo, il governatore ha segnalato l'urgenza di «un profondo ripensamento della struttura della tassazione» da effettuarsi tramite spending review, lotta all'evasione e «uso pragmatico e accorto dei fondi europei». Occorre, poi, recuperare «il ritardo accumulato nelle infrastrutture, sia quelle tradizionali, da rinnovare e rendere funzionali, sia quelle ad alto contenuto innovativo, come le reti di telecomunicazione». Per raggiungere questo obiettivo è necessario, come avrebbe detto Jean-Jacques Rousseau, un nuovo «contratto sociale, ma Visco ha citato anche John Maynard Keynes allorquando asseriva che «la migliore garanzia di una conclusione rapida (della crisi) è un piano che consenta di resistere a lungo, concepito in uno spirito di giustizia sociale, come un'occasione per procedere più avanti di quanto si sia fatto finora verso una riduzione delle disuguaglianze». Non a caso il governatore ha sostanzialmente approvato gli interventi emergenziali del governo a sostegno dei redditi e delle imprese, sebbene abbia rilevato che «i ritardi rispetto alle economie più avanzate non possono essere colmati con un aumento della spesa pubblica se non se ne accresce l'efficacia e se non si interviene sulla struttura dell'economia». L'azione della politica monetaria della Bce, ha aggiunto, «non potrà sostituirsi agli interventi necessari per innalzare il potenziale di crescita».
Si può quindi affermare che Visco abbia scelto la strada della medietà senza sollecitare eccessivamente il governo come in altre occasioni analoghe.
Analogamente, è stata confermata una linea convintamente europeista pur puntualizzando che «un nuovo rapporto è indispensabile anche in Europa», ma che «i fondi europei non potranno mai essere "gratuiti"» perché «il debito europeo è debito di tutti».
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