Semaforo verde per il rigassificatore di Piombino e pericolo scampato per il piano energetico nazionale, con tanti saluti al «partito del no». Il «no», stavolta, arriva dal Tar del Lazio alla richiesta di sospensione cautelare dell'Ordinanza - firmata dal commissario straordinario, il governatore toscano Eugenio Giani per l'autorizzazione a realizzare il rigassificatore nel porto tirrenico. Si tratta, come noto, della nave Golar Tundra, metaniera e rigassificatore galleggiante, acquistata a giugno da Snam per 330 milioni di euro e che dovrebbe essere ormeggiata a Piombino per entrare in esercizio nella prossima primavera. Il progetto, nato con il governo Draghi, non era piaciuto al sindaco di Piombino, Francesco Ferrari, di Fdi, che pur favorevole ai rigassificatori, si è da subito battuto contro l'ubicazione nel porto del comune toscano. «Scelta sbagliata», ha spiegato da subito, senza cambiare posizione quando al governo è arrivata la leader del suo stesso partito, Giorgia Meloni. Ferrari è anzi giunto, appunto, a chiedere al Tar, come rappresentante del comune di Piombino, una sospensiva dell'ordinanza commissariale firmata a fine ottobre. Non il momento di maggiore serenità per il tribunale amministrativo del Lazio, fresco di terremoto dopo l'inchiesta per corruzione che ha visto sospendere per un anno, a inizio settimana, il presidente della terza sezione Silvestro Maria Russo. Ma il Tar non si è fermato e, in un'udienza presieduta dal consigliere Alfonso Graziano, che ha sostituito Russo, ha ritenuto «non sussistere i presupposti per la concessione dell'invocata misura atteso che le modalità procedimentali di autorizzazione dell'iniziativa in questione sono disciplinate da una normativa, che si caratterizza per il chiaro contenuto eminentemente emergenziale e per concernere interventi che, già nella declaratoria di legge, appaiono connotati da uno spiccato grado di specificità». Peraltro, ha spiegato ancora il Tar laziale, «all'esito della prima disamina della documentazione offerta, l'iter che ha condotto all'adozione del provvedimento gravato non ha dato evidenza di palesi anomalie nello sviluppo del procedimento né di incontrovertibili carenze istruttorie idonee a supportare, prima di addivenire alla completa delibazione del merito, la sospensione dei provvedimenti impugnati».
Insomma, no alla sindrome Nimby, anche perché secondo i magistrati amministrativi, «i paventati rischi per la pubblica incolumità correlati al rigassificatore risultano, allo stato, privi di attualità avuto riguardo al fatto che prima dell'avvio dell'esercizio dell'attività dovranno essere acquisiti il Rapporto di Sicurezza Definitivo e l'Autorizzazione Integrata Ambientale e che, con riferimento ai lavori avviati in area Sin (Sito di interesse nazionale, come il ministero dell'Ambiente ha definito l'area industriale di Piombino, ndr.), non sono emerse sopravvenienze o criticità di rilievo in merito alla conduzione delle attività che dovranno continuare a svolgersi nel rispetto delle articolate prescrizioni e raccomandazioni rese dai competenti enti e confluite nell'Ordinanza Commissariale». Insomma, sventato il rischio fuoco amico per Giorgia Meloni.
Anche se, mentre Giani chiede al sindaco di aprirsi al dialogo ed esulta («Ha vinto l'Italia»), Ferrari promette ancora battaglia in vista dell'udienza di merito sul ricorso, fissata per l'8 marzo, e avverte: «Continueremo a vigilare». Mentre il ministro Pichetto Fratin la butta sulla maggiore autonomia energetica futura: «Grazie ai rigassificatori di Ravenna e Piombino il nostro Paese potrà contare su una quota consistente di gas».
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