Che sarebbe stata un'ordinaria giornata di caos lo si capisce dalle prime ore della mattina. Quando, ancor prima dell'inizio del terzo scrutinio, il dem Verini gira a diversi colleghi il fotomontaggio di un santino di Mattarella. Al posto del volto di Padre Pio c'è quello del capo dello Stato uscente, con l'aureola e la scritta «ovunque proteggimi». Magari un po' irriverente, certo. Ma il fatto che la foto rimbalzi via whatsapp sui cellulari di molti grandi elettori - in maniera spontanea e trasversale - è il termometro di quanto il quadro politico si stia complicando. La conferma arriva a metà pomeriggio, quando il terzo voto si conclude con Mattarella che continua a guadagnare consensi. Ieri 125 voti, dopo i 39 di martedì e i 16 di lunedì. E questo nonostante il capo dello Stato abbia detto più volte di non essere disponibile per un secondo mandato. Il bis, insomma, resta sullo sfondo, come ultima scialuppa di salvataggio.
Il confronto, infatti, fatica a decollare. Si parte di prima mattina con il centrodestra che rifiuta il «conclave» chiesto da Letta, ma si prosegue con lo strappo di FdI. Che invece di votare scheda bianca come Lega e Forza Italia punta sul nome di Crosetto. Uno strappo che certifica la profonda diffidenza con cui Meloni guarda a Salvini, visto che la leader di Fratelli d'Italia è convinta che l'ex ministro dell'Interno stia trattando in autonomia, puntando a incassare o un accordo su un nuovo governo con Draghi al Colle oppure un capo dello Stato il cui profilo non convince FdI. Il segnale della Meloni, più dei dubbi già paventati da molti parlamentari di centrodestra, convince Salvini che giocare oggi la carta Casellati alla quarta votazione sarebbe troppo rischioso. Crosetto incassa infatti 114 voti, quasi il doppio dei grandi elettori di FdI. Una vera e propria prova di forza all'interno del centrodestra.
Riparte, dunque, il confronto tra le forze di maggioranza. Tutti sentono tutti. E a sera - con diversi vertici di partito in corso e un incontro tra Salvini, Letta e Conte annunciato per la notte - la sensazione è che i due candidati davvero in campo siano Draghi e Casini. Con il rischio, concreto, che anche oggi la quarta votazione - la prima con il quorum a 505 - finisca in un mare di schede bianche. Ma con il borsino del Quirinale che vede decisamente più in alto Casini rispetto a Draghi. Non è un caso che a Palazzo Chigi si respiri un'aria di inquietudine, a tratti malinconica. Il premier - che ieri ha sentito sia Letta che Salvini - ha infatti la percezione che il cerchio si stia stringendo sull'ex presidente della Camera, ma si affida in qualche modo all'imprevedibilità del leader leghista. Che, per usare un'espressione di Di Maio, è «un situazionista». Alla fine, insomma, potrebbe anche decidere di convergere sul nome dell'ex numero uno della Bce. Che, però, a prescindere da come finirà, non ha per nulla gradito il fuoco di sbarramento degli ultimi giorni arrivato da Berlusconi, Salvini e Conte. Tanto da confidarlo a un ministro: se il leader della Lega vuole «far saltare il banco» e «andare al voto» non si può che prenderne atto. Perché, secondo il premier, la palla è ora ai partiti che dovrebbero sedersi e concordare loro il «pacchetto» su un eventuale nuovo governo.
A tarda sera, quasi notte, in campo sembra dunque restare il tandem Draghi-Casini. Il primo nome si porta dietro la complessità di disegnare un nuovo esecutivo. Il secondo ha invece il limite di spaccare il centrodestra, perché per Meloni resta un punto di caduta inaccettabile. Salvini, invece, fa filtrare che non lo sosterrebbe, ma in molti giurano che non sia un vero veto. E anche Berlusconi, racconta chi lo ha incontrato ieri sera a Milano, non avrebbe obiezioni. Pure Letta, per giunta, alla fine si sarebbe detto disponibile a sostenere Casini, nonostante una simile soluzione equivalga a dire che Renzi ha stravinto la partita del Colle. E ci sarebbe anche Leu, perché - confidava ieri Speranza - Casini al Quirinale vorrebbe comunque dire «un ritorno della politica».
Si attende la notte.
Mentre rispunta il nome della Belloni (piacerebbe a Letta e Di Maio, ma anche a Draghi), per quello che sarebbe un inedito switch tra Servizi e Quirinale. Anche per questo, forse, nella rosa notturna resistono - con poche speranze - Amato e Cassese.
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