Pm a caccia di condanne, non di verità

Le cronache giudiziarie recenti che cosa ci hanno raccontato? Di pm che nascondono le prove che demoliscono il loro castello accusatorio e la fanno franca

Pm a caccia di condanne, non di verità
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I dubbi del pm antimafia Nicola Gratteri (nella foto) sulla riforma della giustizia sono fondati ma al tempo stesso fanno sorridere. Cosa dice il coraggioso procuratore capo di Napoli, che ha speso la sua vita per combattere la 'ndrangheta? «Il pericolo dietro l'angolo è un pm al di fuori della giurisdizione, che non lavora più per cercare la verità, ma una condanna a tutti i costi».

Ma perché, le cronache giudiziarie recenti che cosa ci hanno raccontato? Di pm che nascondono le prove che demoliscono il loro castello accusatorio e la fanno franca. Dunque, è già così. Con la differenza che questi magistrati non rischiano nemmeno una sanzione o un provvedimento serio, come l'allontanamento dall'ordine giudiziario. E raramente, durante le fasi preliminari ai processi, i giudici «terzi» come i gip hanno preso le distanze da certe tesi strampalate che poi sono naufragate a processo. E quando qualche gip ha preso le distanze da certe ipotesi accusatorie si è beccato le reprimende della Procura.

Non è sbagliato in sé «cercare una condanna a tutti i costi», il pericolo è innamorarsi di una tesi e fingere che certe prove non esistano. Il processo dovrebbe essere il luogo in cui due verità si scontrano e un giudice terzo decide, oggi non è così e sappiamo il perché.

E quando anche i vertici dell'Anm definiscono «populiste» le critiche del premier Giorgia Meloni alle sentenze creative che costano soldi dei contribuenti la mente torna sempre ai milioni spesi in malagiustizia, errori giudiziari e ingiuste detenzioni, figlie di quel «a tutti i costi» che anche Gratteri oggi critica. A pagare per i loro errori non sono mai i magistrati. E dirlo non è populismo.

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