La ripresa del Pil rischia di essere azzoppata da tasse e costi dell'energia che pesano sulle spalle delle piccole e medie imprese, ovvero sulla principale intelaiatura dell'economia del Paese, molto di più di quanto non facciano sulle multinazionali. Le pmi, ovvero le aziende con meno di 50 addetti (oltre il 99% delle aziende sul territorio italiano) e che al netto del Pubblico impiego danno lavoro al 65% degli italiani, pagano infatti l'energia elettrica quasi il doppio delle grandi imprese e il 178% in più la bolletta del gas; con tariffe che sono le più alte dell'Ue.
Non solo. A chiudere il cerchio concorrono le tasse: secondo l'Ufficio Studi Cgia di Mestre, l'imposizione fiscale media sulle pmi sfiora il 60%, quasi il doppio rispetto al livello medio delle multinazionali presenti nel Paese (32%). Una pressione fiscale «insopportabile» che penalizza quelle «realtà imprenditoriali di piccola e piccolissima dimensione che, a differenza delle grandi aziende, non hanno la possibilità di lasciare armi e bagagli e trasferirsi altrove, commenta la Cgia.
Ma torniamo alle bollette dell'energia. Secondo i dati snocciolati ieri dalla Cgia, per quanto riguarda l'elettricità le pmi pagano mediamente 151,4 euro ogni 1.000 kWh consumati contro i 77 euro ogni 1.000 kWh delle grandi, mentre per quanto riguarda il gas, a fronte di un costo medio in capo alle piccole imprese di 59 euro ogni 1.000 kWh, alle grandi aziende viene applicata una tariffa media di 21,2 euro ogni 1.000 kWh. «In nessun altro paese dell'area euro c'è un disallineamento delle tariffe energetiche così elevato tra queste due classi dimensionali», attacca la Cgia per poi rimarcare il rischio che un simile squilibrio si riversi sul sistema produttivo nazionale. Va detto che quanto alle tariffe dell'energia elettrica, ad aver aumentato lo storico differenziale tra piccole e grandi imprese ha contribuito l'entrata in vigore, dal primo gennaio 2018, della riforma degli energivori: «L'effetto prodotto da questa novità legislativa, che prevede un costo agevolato dell'energia elettrica per le grandi industrie, di fatto ha azzerato a queste ultime la voce Oneri e Imposte, ridistribuendola a carico di tutte le altre categorie di imprese escluse dalle agevolazioni», spiegano gli artigiani di Mestre. Per quanto concerne il gas, invece, il divario tariffario è riconducibile al fatto che tutte le grandi imprese ricevono dai fornitori delle offerte personalizzate con un prezzo stabilito su misura e sulla base delle proprie necessità. In pratica gli ingenti consumi permettono ai big di contrattare con i fornitori, cosa invece che le piccole realtà non hanno la forza di fare. Sul problema era intervenuta venerdì Confartigianato con un rapporto che analizza le distorsioni nel mercato energetico a danno dei piccoli imprenditori. «Artigiani e piccoli imprenditori che consumano fino a 20 MWh (l'87,8% dei punti di prelievo del mercato elettrico non domestico), pagano il 18,1% in più rispetto alla media dell'Eurozona». Il caro-energia, prosegue la nota, riguarda più in generale la fascia di consumi fino a 500 MWh che comprende tutte le pmi e vede l'Italia al secondo posto nel Vecchio Continente. Solo i tedeschi pagano di più.
Quando al costo del gas, precisa la Cgia, le pmi italiane pagano meno solo delle rivali finlandesi e portoghesi. «A gonfiare il prezzo finale dell'energia per le pmi sono gli oneri fiscali parafiscali che, per la fascia di consumi fino a 20MWh sono maggiori del 36,2% rispetto alla media europea», spiega Confartigianato.
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