Sul fiume Po sono in arrivo 357 milioni di euro del Pnrr grazie a un'alleanza inedita tra ambientalisti e cavatori, acerrimi nemici da sempre. Si tratta di un progetto firmato da Wwf e Anepla, l'associazione nazionale dei cavatori, aderente a Confindustria, per la «rinaturazione» del Po. Servirebbe di fatto a riaprire i vecchi rami del fiume e le lanche, i meandri abbandonati un tempo parte del corso d'acqua, ma anche a riforestare, e al «miglioramento delle condizioni di sicurezza idraulica». Cosa ci fanno insieme ambientalisti e imprenditori delle cave? Il progetto sul Po, come raccontato da Quarta Repubblica, significherebbe anche una grande opportunità di lavoro per i cavatori, che di mestiere oltre a eseguire gli scavi, vendono la sabbia sul mercato. E consentirebbe al Wwf di monitorare le attività di cava perché sarebbero tutte tracciate e regolamentate.
Ma qualcosa non torna: «La cosa strana è che uno degli interventi previsti non ha nulla a che fare con la rinaturazione, perché devierebbe il Po di tre chilometri su un'area privata», rivela una fonte che ben conosce il progetto. Si riferisce a uno dei 37 interventi previsti nel grande piano Wwf-Anepla (patrocinato dall'Aipo e dall'autorità di Bacino, potenziali stazioni appaltanti): si chiama Foce Nure, è un vecchio progetto mai realizzato. La correzione del percorso sarebbe lo scavo più importante dell'intero piano del Wwf, da solo varrebbe 10 milioni di metri cubi di sabbia su 51 milioni complessivi. «Sarebbe una delle più grandi cave mai autorizzate sul fiume», spiega la fonte. Il costo stimato è di 30 milioni di euro di fondi pubblici.
Secondo le mappature, il nuovo corso non passerebbe su un'area demaniale, ma in gran parte su terreni privati di una società agricola di cui è presidente l'imprenditore Claudio Bassanetti, proprio il numero uno di Anepla che ha firmato il progetto con il Wwf. E che possiede gli impianti di estrazione a ridosso dell'area dell'intervento. Bassanetti ha risposto a Quarta Repubblica che non avrebbe alcun interesse privato in quel progetto, perché «è un'evidenza pubblica, ci saranno gare d'appalto e non sapremo neanche se parteciperemo. Dipenderà dai costi, e dalla possibilità di commercializzare la sabbia. È un intervento di sicurezza idraulica che è lì da 20 anni. Ci sono 37 interventi importanti per tutte le aziende, non li ho firmati io li ha firmati anche il Wwf». Ma la possibilità di commercializzare la sabbia è esplicitamente prevista nel progetto. Che evidenzia anche l'opportunità per le imprese che sono più vicine con i loro impianti alle zone degli interventi di presentare offerte economiche vantaggiose in sede di gara.
Il Wwf era a conoscenza che quelli sono i suoi terreni? «Sì, lo sapevamo - risponde il responsabile del progetto Andrea Agapito Ludovici - sono state individuate aree che sono state ritenute importanti per il progetto a prescindere dalle proprietà. Ci saranno gare d'appalto, i soldi non li gestiamo noi». E ci invita a guardare altrove, perché i rischi veri sarebbero altri: «Ci sono appetiti enormi, sono stato contattato da diversi personaggi e amministratori che guardano a questo progetto come a una torta, non gliene frega niente delle finalità. Il progetto ormai è chiuso, seguirà ora una fase di maggiore dettaglio degli interventi». Ma a che cosa serve quella deviazione? È un intervento idraulico che era già stato approvato nel 2010 con una delibera dell'Autorità per il Po e inserito nel «Piano dei sedimenti» come prioritario. Non è stato mai realizzato. L'obiettivo era «salvaguardare gli argini», «fornire un maggior raggio di curvatura e ridurre quindi le azioni contro le opere di difesa strategiche».
Una «definizione molto generica», spiega un ingegnere idraulico esperto di quel tratto di fiume. «Non riesco a capirlo neanche io quell'intervento, di certo non serve a proteggere dalle piene - aggiunge - A me sembra che serva a cavare della sabbia».
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